Occuparsi solo di rimpatri e respingimenti non risolverà il problema. Fermare la strage è possibile
Era il 3 ottobre 2013 quando, al largo dell’Isola dei Conigli, a Lampedusa, il Mediterraneo inghiottì 368 persone che tentavano di raggiungere il nostro paese in cerca di protezione. Quella giornata è diventata per l’Italia la ‘Giornata in Memoria delle vittime dell’immigrazione’.
Da quella tragica data ad oggi, sono 18.829 le persone che sono morte in mare, di cui siamo a conoscenza, vittime delle politiche di chiusura delle frontiere. Ciò significa che ogni giorno, in media, 9 persone hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo, il mare più mortifero al mondo, perché non avevano altra scelta.
Sono passati 6 anni e fino ad ora, nonostante le promesse e le lacrime di coccodrillo da parte dei governi, questi hanno continuato e continuano a lavorare per fermare i flussi, impedendo alle persone di partire “normalmente” con un mezzo di trasporto sicuro, consegnandole in questo modo nelle mani dei trafficanti.
Occuparsi, invece, solo di rimpatri e respingimenti, non risolverà alcun problema: contribuirà solo ad alimentare il razzismo e la criminalizzazione dell’immigrazione.
Come diciamo da quell’alba tragica del 3 ottobre, fermare la strage è possibile. La via da percorrere è quella di consentire alle persone di rivolgersi agli Stati, arrivando per vie legali e sicure e aumentando in maniera consistente i trasferimenti di rifugiati attraverso i programmi di reinsediamento promossi dalle Nazioni Unite.