«[…] una grande utopia: il sogno di una rivoluzione radicale che sradichi l’umanità dai suoi limiti storici e la proietti verso un futuro di uguaglianza, libertà, felicità assolute e perfette. Che la proietti, insomma, verso il paradiso in terra. Ma là dove prevale si converte inevitabilmente in un incubo altrettanto grande: la sua realizzazione concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte. Perché infatti l’utopia si realizzi occorre che un potere assoluto sia esercitato senza alcuna pietà, e che tutto – umanità, giustizia, libertà, verità – sia subordinato all’obiettivo rivoluzionario. Prendono così forma regimi tirannici spietati, capaci di raggiungere vette di violenza e brutalità fra le più alte che il genere umano sia riuscito a toccare».
L’utopia che diventa tragedia: un panegirico per espellere dalla vicenda fondativa europea il comunismo come movimento storico reale; nessun riferimento alla Kristallnacht, la notte dei cristalli (9-10 novembre 1938) in cui i nazisti distrussero migliaia di negozi di ebrei e scatenarono un’ondata di pogrom in Germania e nei territori occupati.
Condividiamo il commento di Francesco Sinopoli, segretario della FLC Cgil:
«[…]Non spetta certo ad un ministro indicare giudizi storici in una lettera per lo più inviata a tutte le scuole, a tutti i docenti e agli studenti. Vorrei sommessamente ricordare che nelle nostre scuole, pubbliche e private, vige ancora il dettato costituzionale sulla libertà di insegnamento e di ricerca, e che una eventuale lezione di storia contemporanea spetta ai docenti, non certo ad un ministro, la cui funzione resta di tutt’altra natura. Immergersi, come egli ha fatto, in giudizi storici sulla storia recente è un pessimo segnale, perché diseducativo, inutile e lesivo della libertà di pensiero di studenti e docenti.
Nessuno, oggi, può e deve sentirsi orfano del Muro di Berlino, ovviamente. Tuttavia, rappresentare la storia del comunismo come male storico radicale, e come caduta dell’utopia della liberazione, ancora minacciosamente presente in Cina, ad esempio, non è un’analisi, è un giudizio, e pure falso. Quell’impatto storico, di cui parla il professor Valditara, non dice nulla sull’esperienza di quei comunisti italiani (e francesi, e tedeschi, per citarne solo alcuni) che hanno liberato l’Europa dal nazifascismo e contribuito a scrivere la nostra Costituzione, o a debellare la mala pianta degli estremismi terroristici che hanno insanguinato la storia recente, o a governare in modo progressivo e moderno lo sviluppo di grandi città. Provengo da un’altra storia politica e culturale, non sono mai stato iscritto al PCI o alla FGCI, ma trovo inaccettabile questa semplificazione della storia del comunismo europeo, che ha avuto tra i suoi artefici personalità come Gramsci, Di Vittorio, Lama, Berlinguer, Ingrao, Reichlin, (e potrei citarne all’infinito), la cui vita resta ancora oggi modello di riferimento per tante generazioni.
Il loro messaggio, condiviso dai padri socialisti, rimane come pietra scolpita nel tempo: la democrazia è un fine, e ha molti limiti, per questo va riformata, poiché quella liberista determina forme estreme di diseguaglianze e fratture sociali, esclusioni ed espulsioni, povertà ed emarginazione. La democrazia è il limite politico allo strapotere di ogni forma illiberale di capitalismo (termine che il ministro si è guardato bene dal citare). Contrapporre, come fa il professor Valditara, il crollo del Muro di Berlino alla vittoria delle sorti “magnifiche e progressive” della liberaldemocrazia non è altro che l’introduzione nelle nostre scuole di una indicazione e una mistificazione ideologica.
[…]
Il compito della scuola, però, non è quello di crearsi vecchi e nuovi nemici, contro i quali puntare vecchi e nuovi cannoni. Il compito della scuola è quello di insegnare a pensare criticamente, è quello di illustrare eventi e fatti storici con rigore scientifico, nella più totale libertà di insegnamento, di ricerca e di dialogo tra docenti e studenti. Quando un ministro parla di “aggressive nostalgie dell’impero sovietico” quale messaggio lancia sul piano didattico? Quale interpretazione storica introduce nelle nostre aule? È qui che la legittimità della letterina relativa a una Giornata diventa esercizio illegittimo di una ideologia. Vorrei sommessamente dire al ministro che il presidente russo Putin in tante occasioni, pubbliche e private, ha voluto presentarsi quale erede dell’epopea degli zar, della Grande Madre Russia, dell’identità linguistica, culturale e politica di “quel” popolo russo. Quella stessa identità gli è servita quale pretesto per invadere l’Ucraina, nel tentativo, tutto propagandistico, di “denazificarla” pretendendo territori, aree, città. Insomma, più Caterina seconda che Stalin. Quale messaggio dunque intendeva lanciare Putin? Non deve dirlo il ministro, ma la libera ricerca nel dialogo libero e fruttuoso tra docenti e i loro studenti. Questa è la scuola pubblica, questo ne è il senso, questo ne è l’indirizzo culturale e pedagogico. Se non si intende questo passaggio, è giustificata la sensazione di un ministro che punta a introdurre tracce ideologiche più che seguire i valori e le libertà.
Infine, un interrogativo vorrei rivolgere al ministro Valditara. Egli è entrato oggi “a gamba tesa” su un tema assai delicato: come si insegna la storia del Novecento a studenti nati nel ventunesimo secolo, che esprimono bisogni cognitivi inediti, forme di apprendimento diverse dalle generazioni precedenti, usano altri linguaggi, sono sottoposti a valanghe di sollecitazioni e informazioni molte delle quali esterne alla didattica scolastica? Per trovare risposte a questo interrogativo fior di ricercatori, filosofi, pedagogisti, storici lavorano in tutto il mondo.
Sarebbe il caso che il ministro Valditara lo ricordasse prima di inviare lettere da Minculpop più che da ministro della repubblica».