In queste ultime settimane sono state tantissime le manifestazioni, i presidi, le occasioni di dibattito e incontro che hanno attraversato il nostro Paese, da nord a sud. L’Italia che resiste è stato proprio uno degli slogan che ha convocato uno di questi momenti. Questi appuntamenti hanno evidenziato quanto, nonostante le fanfare della propaganda e i numeri dei sondaggi, siano ancora tanti e tante coloro che si rifiutano di assuefarsi al ‘sonno delle coscienze’ che sposa la retorica della forza, del disprezzo e dell’odio come linguaggio quotidiano, che ignora la morte di centinaia di persone nel Mediterraneo, che fa finta di non capire quanto la destrutturazione del sistema di accoglienza non porti altro che un aumento delle tensioni. Ma siamo convinti che, insieme alla nostra battaglia per la difesa dei diritti dei migranti e per la riaffermazione del valore della vita umana, occorra prima di tutto affrontare la questione sociale, e che si possono ricostruire legami di solidarietà, coesione sociale, inclusione solo attraverso politiche efficaci di redistribuzione del reddito (prima di tutto attraverso politiche fiscali eque e una decisa ricostruzione del welfare), di riqualificazione e aumento di investimenti per l’occupazione dei giovani, per le politiche di istruzione e per lo sviluppo del Sud. Fino ad ora di tutto questo si è visto ben poco. Per restare al solo argomento ‘cultura’, il cosiddetto contratto del cambiamento non affronta assolutamente il problema.
La legge di bilancio del nostro Paese è stata licenziata dopo una discussione fatta a colpi di agenzie e nelle segrete stanze dell’esecutivo che, violando ogni regola democratica, ha bypassato la discussione in Parlamento. Autorevoli voci, di diversa estrazione e formazione, hanno ricordato, durante tutta la discussione, che le scelte lì approvate nel medio/lungo periodo avranno conseguenze gravi sullo stato economico del nostro Paese, soprattutto sui cittadini. La diseguaglianza tra ricchi e poveri è in aumento, la mobilità sociale è sempre più statica, non si sono registrate scelte che vadano nella direzione di investimenti verso l’istruzione e lo sviluppo sostenibile del nostro Paese. In Italia il reddito del quinto dei cittadini più ricchi è 6,3 volte quello del quinto dei più poveri. Siamo nei primi posti della classifica per ampiezza della disparità: in Europa in media i più ricchi guadagnano 5 volte più di tutti gli altri. In Germania 4,3 volte, in Francia 4,6, in Gran Bretagna 5,1 e nei paesi del nord Europa meno di 4 volte. Ma tutto sembra sempre essere coperto dal rumore di fondo (che spesso si trasforma in un boato di insulti e parole che sembrano appartenere a un buio passato). E, come spesso abbiamo detto, le cause della crisi in cui si trovano tante e tanti cittadini italiani, la mancanza di una prospettiva diversa e migliore, vengono ‘dirottate’ e ‘inquinate’ dalla discussione sulla sicurezza. Pensiamo che siamo davvero lontano dall’abolizione della povertà e della precarietà. Il più grande stanziamento mai visto nella storia del nostro Paese, quello sul reddito della cittadinanza, ci lascia, per usare un eufemismo, perplessi. Non si capisce quale sia l’obiettivo. Contrastare la povertà o mettere in campo una politica attiva del lavoro? E in tutto questo, resta il rischio di alimentare divisioni; tra cittadini italiani e stranieri, dovuta alla discriminazione verso questi ultimi (la soglia di accesso al reddito di cittadinanza è di dieci anni di residenza in Italia), nonché tra lavoratori poveri e disoccupati. Insomma , si deve affrontare la ricostruzione non ‘contro’ tutto e tutti, ma ‘per’ una giustizia sociale che faccia crescere le opportunità per tutti i più deboli. Per questo condividiamo i contenuti della piattaforma che ha lanciato la manifestazione #FuturoalLavoro di sabato 9 febbraio , indetta da Cgil, Cisl e Uil.
È importante e giusto che alle tante manifestazioni che in questi mesi hanno ribadito quanto siano gravi e pericolosi per la nostra democrazia i provvedimenti nei confronti di rifugiati e migranti, si aggiunga un momento ( che si preannuncia grandissimo e partecipato) di mobilitazione per il lavoro, lo sviluppo giusto, equo e inclusivo dell’Italia.
Per questo saremo a Roma, sabato 9 febbraio.