La retorica della nuova destra nasconde la discriminazione evocando protezione, mescola abilmente antisemitismo e islamofobia, antifemminismo e omofobia e reintroduce diversi pregiudizi di genere che speravamo di aver superato. È il piano inclinato, sempre più ripido, su cui si trova oggi la cultura dei diritti, che rischia di capovolgersi, cedendo il passo alla negazione degli stessi.
La lista di casi che porta con sé il rischio di questo capovolgimento si allunga di giorno in giorno. Per fare alcuni esempi: il ddl Pillon, la criminalizzazione della cooperazione internazionale e il lavoro delle Ong, la negazione dell’accoglienza a chi chiede asilo, fino alla richiesta della Lega di una commissione d’inchiesta sulle case famiglia, ennesimo tentativo di processo alla solidarietà con la conseguente propaganda di Stato contro chi – per ruolo e forze – spesso non riesce neanche a replicare. Nelle ultime settimane si sono aggiunti il Congresso mondiale della famiglia di Verona, incontro ultraconservatore con obiettivi politici molto chiari, le proteste aizzate dall’estrema destra nella periferia romana contro i Rom, nonchè la vicenda di Minerbe dove una bambina ha dovuto subire un’intollerabile umiliazione.
Come più volte abbiamo denunciato, in questa guerra permanente che mette gli ultimi contro i penultimi, c’è chi cinicamente passa all’incasso nel consenso elettorale. Un machismo di Stato, praticato da chi oggi è al governo, che criminalizza il diverso e chi fa solidarietà. Per quanto ci riguarda, non indietreggiamo. Lavoriamo per fare rete e unire le forze. Anche quando ci troviamo di fronte alle resistenze e ai distinguo che attraversano pure il vasto mondo delle associazioni e movimenti. L’opposizione al nazionalpopulismo risulta ancora troppo poco efficace e altrettanto spesso viene superata dallo scontro tutto interno nella maggioranza giallo-verde, che appare occupare tutti gli spazi della ‘lotta’ e del ‘governo’.
Credo dunque non sia più rinviabile una riflessione in tal senso. Siamo in tanti in Italia a volere un paese diverso. Le manifestazioni di piazza di questi mesi lo confermano.
Nel nostro Paese, travolto da questa pericolosa deriva propagandistica, dobbiamo resistere e opporci all’idea di diventare sporadiche grida di protesta.