Proprio nei terribili giorni in cui l’esercito turco, penetrato sul territorio siriano dalla parte di Afrin, ha massacrato civili e combattenti curdi in prima linea nella battaglia contro gli ultimi reparti della jihad, si è tenuta a Parigi la sessione del Tribunale Permanente dei Popoli (promosso da molti decenni dalla Fondazione Basso) sui curdi e la Turchia.
Per documentare le violazioni del diritto internazionale da parte della Repubblica turca e segnatamente dal suo presidente Erdogan, nei confronti del popolo curdo e delle sue organizzazioni.
Giurati: il presidente Philippe Texier (Giudice onorario della Corte di Cassazione francese, ex presidente della Commissione Diritti Umani dell’Onu); Teresa Almida Cravo, Madjjid Benchikh, Luciana Castellina, presidente onoraria dell’Arci, il giurista Domenico Gallo, Denis Halliday (ex assistente della segreteria generale Onu e coordinatore per i Diritti Umani in Iraq, rassegnò le dimissioni nel ‘98 per protestare contro le sanzioni che tagliarono i rifornimenti all’Iraq, compresi quelli alimentari), Norman Peach (docente di Diritto pubblico all’Università di Amburgo).
Il pubblico ministero, l’avvocato belga Jan Fermont, coadiuvato dall’avvocata italiana Sara Montinaro, ha chiarito che non spetta al Tribunale, ma al popolo curdo decidere quali forme dovrà assumere il suo diritto all’autodeterminazione. E che, nell’impossibilità di documentare decenni di arbitri e massacri, l’attuale verdetto si concentrerà solo su una piccola parte degli accadimenti storici, solo alcuni fra i tantissimi crimini di guerra compiuti nel sud est dell’Anatolia fra il 2015 e il 2016, oltre che sui crimini extragiudiziali (assassini, sparizioni operate anche in territori stranieri) in un periodo in cui avrebbe dovuto prendere corpo il processo di pace promosso dal movimento di resistenza curdo Pkk e sanguinosamente sabotato dal regime di Ankara che pure l’aveva inizialmente accettato (terribile, fra gli altri, l’assassinio di tre giovani donne, militanti curde, uccise da un sicario a Parigi).
Le decine di testimonianze portate a conoscenza della Corte (alcune via Skype) hanno mostrato un quadro drammatico della condizione cui il popolo curdo della Turchia è sottoposto.
Presenti alle udienze centinaia di curdi e avvocati e giuristi di molti paesi europei (tante avvocate italiane) che si battono a fianco del popolo curdo, purtroppo dimenticato e ora abbandonato a se stesso, sia dagli Stati uniti che dalla Russia, i cui rispettivi governi si contendono i favori della Turchia impegnata a sabotare gli insediamenti curdi di Rojava, espugnati alle milizie jihadiste grazie a uno straordinario coraggio e al prezzo di così tante vite umane.
A seguito delle due giornate di udienza il giudizio, elaborato nel corso delle prossime settimane, oltre a essere inoltrato alle istituzioni competenti, sarà presentato al Parlamento europeo.