Lavorare con la scuola non è semplice. Io lo faccio da 11 anni e la mia organizzazione, Arci Solidarietà Onlus, lo fa da tanto di quel tempo che si fa prima a dire quando abbiamo iniziato: il 1993, portavamo a scuola i bambini rom. Eppure ancora oggi non sarei in grado di buttar giù un decalogo, un manualetto, un prontuario per spiegare, a qualcuno che ne avesse curiosità, come sia mai possibile collaborare con l’istituzione scolastica.
Io e la mia associazione facciamo parte di quel Terzo Settore che abita le scuole in una simbiosi ormai consolidata ma poco conosciuta. Il cosiddetto ‘privato sociale’ entrando a scuola ne prolunga l’orario, introduce materie nuove, previene e contrasta il bullismo, supporta chi insegna nel compito essenziale e complicatissimo di dare a tutti gli alunni gli strumenti adatti e adattabili per consentire loro di godere appieno del diritto all’istruzione.
Varcare la soglia di una scuola equivale ad aprire una porticina lynchiana oltre la quale si apre il più delle volte un mondo simile a quello che conosciamo ma in una versione alternativa e anche bizzarra agli occhi di chi non la conosce: la scuola parla una lingua sua, incede a un passo suo, risponde a regole sue, qualche volta ho dei dubbi che tra queste mura cosparse di manate valga ancora la relatività generale. Eppure tra queste mura lavorano persone che gestiscono la cosa più delicata e importante del mondo, quale è l’educazione dei bambini e dei ragazzi, la formazione di una generazione di nuovi adulti, di nuovi cittadini, anche di nuovi artisti.
Di solito noi quando entriamo a scuola lo facciamo in punta di piedi, è indispensabile guardarsi attorno e adattare il nostro passo per rispettare questo mondo, con i suoi ritmi, le sue regole e per fare una cosa bella e utile come contaminarsi: noi prendiamo qualcosa e, prendendo, lasciamo qualcosa.
Ultimamente lo abbiamo fatto con Spina nel Cuore, progetto promosso dall’Istituto comprensivo ‘Via Frignani’ di Roma, per la precisione a Spinaceto, quella che Nanni Moretti percorreva sulla vespa in Caro Diario. Spinaceto svetta appena oltre il raccordo ed è una di quelle periferie vivaci e complicate in cui, se hai dodici anni, hai davvero poche cose da fare: c’è il Centro di aggregazione giovanile ‘I ragazzi del muretto’, gestito da Arci Solidarietà in convenzione con il Municipio IX, c’è la parrocchia e poi c’è la scuola che, collaborando con quell’associazionismo di cui parlavo, ha portato tra i propri banchi il cinema, quello pensato, realizzato, prodotto, quello con i fari, i carrelli e l’aiuto regista che corre da tutte le parti intimando di fare silenzio.
Quel cinema lì, in una scuola di periferia.
Spina nel Cuore nasce dalla sinergia tra l’IC Frignani, Arci Solidarietà Onlus, Road To Pictures Film e Ucca, è finanziato da Miur e MiBAC nell’ambito del bando Cinema per la scuola – Visioni fuori luogo ed è stato pensato e realizzato interamente con gli studenti, a partire da quel nome un po’ melodrammatico scelto dai ragazzi del Centro di aggregazione giovanile che però testimonia l’amore per un territorio (Spinaceto) dal quale, a quanto pare, non è necessario fuggire per fare un’esperienza importante e fuori dal comune.
Il progetto, avviato a gennaio, ha lasciato davvero tanto nella scuola in cui lo abbiamo portato: dopo un primo modulo di formazione sul cinema e sul suo linguaggio è stata realizzata la sceneggiatura, scritta con i ragazzi durante l’orario scolastico.
La scuola ha scelto di includere integralmente il progetto nelle sue attività curriculari e le insegnanti hanno inserito nelle proprie lezioni i contenuti educativi emersi nelle fasi di creazione del film, coinvolgendo così la letteratura, l’arte, la tecnologia, mentre il Centro di aggregazione giovanile ha realizzato laboratori di approfondimento sui temi trattati la mattina.
Il casting ha coinvolto 60 ragazzi e ragazze di tre classi seconde. Durante le riprese a fine maggio la scuola si è poi letteralmente aperta, si è mossa trasformandosi in un set, la campanella ha suonato pianissimo, le classi si sono spostate seguendo gli allestimenti, l’intero plesso si è letteralmente ammutolito dopo il ciak urlato dal regista Ciro D’Emilio e il corridoio in cui di norma è proibito andare troppo veloci è stato occupato dal binario del dolly, spinto e frenato dagli operatori in un silenzio in cui probabilmente quel corridoio non è mai piombato.
A 12 anni un’esperienza così te la ricordi. E, fosse anche solo per questo, per noi non c’è ragione più convincente per amare quello che facciamo.
Il cortometraggio sarà proiettato in anteprima presso la scuola a settembre e sarà diffuso nella rete dei moltissimi circoli Ucca e Arci che operano con le scuole attraverso questo strumento unico che è il cinema