È stato presentato a Roma, presso la Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto, il Rapporto di Avviso Pubblico Lo scioglimento dei Comuni per mafia. Analisi e proposte (edito da Altreconomia) a cura di Simona Melorio, ricercatrice dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
“La legge sugli scioglimenti per mafia è nata per risanare la frattura tra Amministrazione e cittadini, causata dalle infiltrazioni della criminalità organizzata – ha spiegato Roberto Montà, presidente di Avviso Pubblico – L’obiettivo del Rapporto è analizzare i cambiamenti che sono avvenuti dal 1991 ad oggi, accendere una discussione pubblica su un adeguamento della normativa che non è più rinviabile, accompagnato dal fornire agli Enti locali una serie di strumenti per prevenire e intervenire a monte”.
Il numero di scioglimenti delle amministrazioni locali conseguente a fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso – fattispecie introdotta nel nostro ordinamento nel 1991 – sono stati 328, a cui vanno aggiunti 187 decreti di proroga di precedenti provvedimenti. Sono stati 278 gli Enti locali complessivamente coinvolti in 27 anni.
Sono 62 le amministrazioni locali che sono state colpite da più di un decreto di scioglimento per infiltrazione e condizionamento della criminalità organizzata. Di queste, 45 hanno subito due scioglimenti, mentre 17 ne hanno subiti ben tre.
Risulta evidente una netta predominanza delle province di Reggio Calabria (66 scioglimenti) e Napoli (59), con la prima affermatasi di recente, dopo una lunga primazia della seconda; seguono le province di Caserta (36), Palermo (33) e via via tutte le altre.
Condizione dello scioglimento è l’esistenza di elementi “concreti, univoci e rilevanti” su collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso degli amministratori locali o su “forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali”, incidendo negativamente sulla funzionalità dei servizi a queste affidati, oppure in grado di originare un “grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica” (art. 143, co. 1).
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