Nel grande caos provocato dal ritiro americano e dall’offensiva turca in Siria, una cosa sia chiara: al momento il vero vincitore in quell’area del mediorientale è il presidente russo.
Intanto la Turchia, a voce del presidente Recep Tayyip Erdogan, afferma che«non dichiarerà mai il cessate il fuoco» nel Nord-Est della Siria. Quindi conferma l’intenzione di proseguire con l’offensiva contro i curdi. E aggiunge di «non essere preoccupato» per le sanzioni Usa per l’offensiva.
Un atteggiamento da propaganda di guerra.
E in America, dov’è la stessa amministrazione Trump ad aver causato questa situazione, la preoccupazione aumenta per gli effetti di un conflitto dagli esiti incerti e soprattutto per gli equilibri geopolitici dell’area. Il vice presidente americano Mike Pence va in Turchia assieme al segretario di Stato Mike Pompeo e al Consigliere per la sicurezza nazionale Mike O’Brien, con l’obiettivo di cercare di ottenere un cessate il fuoco. Con un esito scontato.
Il presidente russo Vladimir Putin ha assunto un ruolo da protagonista, sentendo il suo omologo turco Erdogan che avrebbe accettato di recarsi nella capitale russa «entro pochi giorni». Mosca ha definito l’offensiva turca come «inaccettabile» ma il suo ruolo sembra essere sempre più determinante.
Una situazione che peggiora e preoccupa, dove le organizzazioni multilaterali assistono bloccati da regole e veti: Nato, UE, Nazioni Unite.
Sono i singoli Stati a muoversi, in ordine sparso. Quanto sta accadendo è un autentico crimine di guerra su vasta scala perpetrato dalla Turchia nei confronti della popolazione curda della Siria nord-orientale, una popolazione che è stata determinante alla sconfitta del califfato Isis.