Annullare il memorandum Italia – Libia. Lo chiede a gran voce il Tavolo Asilo, composto da numerose associazioni, Chiese e società civile, nel corso di una conferenza stampa a Roma, nel corso della quale è stata presentata la lettera aperta indirizzata a Governo e Parlamento sulla Libia.
Il 2 novembre prossimo scatterà infatti la proroga automatica, di altri tre anni, del memorandum d’intesa con la Libia, siglato per la prima volta nel 2017 tra il nostro Paese e il capo del governo di Tripoli Fayez Al Sarraj.
Contro questo rinnovo, dunque, l’opposizione è netta e motivata da numerose segnalazioni, inchieste indipendenti e violazioni dei diritti umani (documentati dall’Onu nel 2018), gli «inimmaginabili orrori» nei centri di detenzione libici finanziati dal governo italiano (compravendite di esseri umani, torture, violenze sessuali, stupri e abusi di ogni tipo) «commessi dai funzionari pubblici, dai miliziani che fanno parte di gruppi armati e dai trafficanti», in un contesto di assoluta impunità.
Purtroppo a voce del Ministro degli esteri, Luigi di Maio, rispondendo durante il question time alla Camera sulla prevista scadenza del memorandum, ha detto che l’eventuale revoca «rappresenterebbe un vulnus politico» ma «lavoriamo per migliorarlo». Quindi si rinnoverà nonostante i pareri che da giorni insistentemente chiedono lo stralcio dell’accordo o comunque di una radicale modifica. A chiederlo non solo le associazioni ma anche un folto gruppo di parlamentari tra cui i Dem, Italia Viva e LeU e numerosi pure nei Cinque Stelle. Secondo il Ministro sarebbe un ‘vulnus politico’, visione che lascia attoniti considerato il tipo e la quantità di crimini e torture commessi in quel Paese.
Le possibili modifiche annunciate, ma di cui tutto rimane vago, dovrebbero introdurre le organizzazioni umanitarie all’interno dei centri di detenzione, la possibilità di riattivare programmi di trasferimento e rimpatrio e un maggior coinvolgimento delle Nazioni Unite. Tutte modifiche che rimangono astratte, in quanto dovranno essere approvate dalla Libia. Fatto sta che si rinnova un accordo con un Paese riconosciuto dalle Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa e la Commissione europea come un Paese non sicuro per cui le persone che tentano di fuggire non possono essere rimandate.