Il giovane Ahmed, impropriamente tradotto con L’età giovane, ci mostra poco più che un bambino, che i fratelli Dardenne ‘tallonano’ fino all’orlo dell’abisso nel quale sprofonda. Sgombriamo subito il campo da possibili dubbi, questo non è un film islamofobo, è una storia di fanatismo religioso, fenomeno che accomuna tutte le fedi che professano una purezza, una verità assoluta che divide il mondo a metà, alcuni dentro, altri tragicamente fuori.
Conosciamo Ahmed già ‘fanatizzato’ e insofferente a tutto il suo background di riferimento: una Liegi laica, dove le terze generazioni di migranti sono cittadini integrati, una madre lavoratrice, che si concede un bicchiere di vino, una sorella che veste all’occidentale e un padre debole che non riesce a mantenere l’ordine in casa. In questo contesto Ahmed sviluppa l’ossessione di uccidere la propria insegnante, per ristabilire la purezza che non trova più.
Tutti intorno a lui cercano in modi diversi di mostrargli la devianza dei suoi comportamenti: in primis i suoi compagni di fede, poi i suoi familiari, i suoi insegnanti. Ma in Ahmed non c’è alcun conflitto, perché non ha antagonisti, non subisce l’ascendente dell’Imam moderato né della ragazzina che tenta di rubargli un bacio per essere respinta in nome della religione.
L’estremismo di Ahmed è la trasposizione estrema del sentire dell’adolescenza, che percepisce con intensità così invincibile i propri convincimenti da risultare fatale.