ROMA, 1 OTTOBRE 2020 – Il bando dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati alla criminalità organizzata per l’assegnazione di 1400 beni, che scade il 31 ottobre, rischia di trasformarsi in un flop e di compromettere la lunga battaglia per il riutilizzo sociale dei beni sottratti alle mafie.
In Sicilia sono quasi 700 i beni messi a bando per essere affidati ad associazioni, enti, cooperative sociali. Arci Sicilia e I Siciliani giovani, proseguendo il lavoro di mappatura dei beni confiscati, hanno verificato le condizioni di molti dei beni. Il quadro che emerge è desolante: condizioni strutturali pessime, abusi edilizi insanabili, immobili occupati da persone riconducibili a chi ha subito la confisca, terreni difficilmente raggiungibili e inutilizzabili per l’agricoltura in assenza di ingenti investimenti.
Ma al danno si aggiunge la beffa: gli oneri economici per ristrutturazioni, messa in sicurezza, adeguamento dei locali sono infatti tutti a carico dei vincitori del bando. Che, nella maggioranza dei casi, sono associazioni ed enti no profit sprovvisti delle risorse necessarie a sostenere i costi. Le uniche risorse stanziate ammontano a un milione di euro per 1000 lotti. Ma si tratta di somme che, oltre ad essere insufficienti, potranno coprire al massimo un quinto del progetto.
Al momento l’Agenzia non riesce neanche a garantire i sopralluoghi – obbligatori – nei beni e i collaboratori dell’Agenzia spesso non hanno contezza dello stato dei beni, della loro collocazione nel territorio o non hanno loro stessi accesso ai beni.
Una situazione che rischia di limitare la partecipazione al bando, trasformando una grande opportunità di riappropriazione, anche simbolica, dei beni sottratti alle mafie, in un fallimento.
Per questo chiediamo all’Agenzia e al Governo di prorogare il bando e di adottare nel frattempo tutte le misure che facilitino la massima partecipazione di associazioni, enti e cooperative no profit.