ROMA, 13 NOVEMBRE 2020 – Le ultime giornate sono state tra le più drammatiche per le partenze via mare tra Libia ed Europa. A meno di 24 ore dalle sei vittime, tra cui un bimbo di sei mesi, recuperate dalla Open Arms, unica ong che sta operando in mare in questo momento, altri due naufragi hanno causato la morte di 94 persone, quasi tutte in fuga dai campi di prigionia libici. Le motovedette libiche, donate dall’Italia, sono intervenute troppo tardi.
Una strage senza fine, la macabra fotografia dell’incapacità dell’Europa di predisporre un sistema strutturato di ricerca e soccorso quanto mai necessario.
Come Arci abbiamo denunciato più volte le atrocità compiute in Libia, abbiamo chiesto di bloccare i finanziamenti alla cosiddetta Guardia costiera libica, di chiudere i centri di detenzione e di evacuare le persone ancora prigioniere dell’inferno libico.
Torniamo a chiedere all’Unione europea di essere protagonista di un cambiamento che Arci e tanti altri auspicano introducendo canali d’accesso legali e sicuri e promuovendo un programma di ricerca e soccorso europeo nel Mediterraneo.