05 March 2022
«Sono molto felice di rivedere in piazza, dopo parecchi anni, il nostro movimento della pace – nostro di noi vecchi degli anni ’80, quando c’era la Guerra Fredda e l’Europa era coperta di missili; in piazza poi di nuovo sempre, contro la prima guerra dell’Iraq e contro la seconda guerra dell’Iraq, quando fummo talmente mobilitati che Newsweek, settimanale americano, ci dedicò una copertina per dire che con noi era nata la terza potenza mondiale; e poi ancora siamo stati presenti durante la terribile vicenda della Jugoslavia.
Da allora sono passati quasi vent’anni. E purtroppo l’occasione di questo nostro re-incontro è la più pericolosa; il criminale folle attacco della Russia all’Ucraina può infatti avere conseguenze impensabili, soprattutto se i nostri governanti e i loro menestrelli continueranno a pensare che si debba indossare l’elmetto e intonare inni patriottici per decantare i noti “valori occidentali”, e, peggio, che aiuti la pace fornire armi ai ragazzi ucraini esponendoli a un inutile bagno di sangue quando sarebbe invece necessario ragionare su come si potrebbe essere efficaci nel contribuire ad un compromesso decente, non risolvendo e ricorrendo a iniziative irresponsabili.
Questo è quanto oggi dobbiamo imporre. Non dubito che il nostro movimento metterà tutto il suo impegno per stroncare le micidiali strategie di Putin. Ma ora qui, amici e compagni, voglio usare i pochi minuti che ognuno di noi ha a disposizione per chiedervi di unirci tutti in una collettiva autocritica: siamo stati attivi e pronti nel rispondere nei momenti esplosivi, ma siamo stati distratti nelle lunghe fasi in cui i disastri venivano preparati. In particolare distratti verso quanto stava facendo l’Unione Europea che, anziché approfittare della caduta del Muro e del ritiro delle truppe da parte di Gorbaciov per costruire finalmente una rete di cooperazione per “Un’Europa senza missili dall’Atlantico agli Urali”, si è invece proceduto ad un allargamento ad est dell’Europa per circondare, isolandola, la Russia di basi militari Nato. Disattenti siamo stati anche nel 2014 anche sulla guerra civile Russo-Ucraina, lasciando che si incancrenisse e che tutti soffiassero, per dominare e far prevalere i nazionalismi di ambo le parti. È così che abbiamo contribuito ad aprire la strada all’orrendo Putin, diventato popolare perché ha potuto usare al peggio l’inevitabile frustrazione del popolo russo.
Il movimento pacifista non combatte con le armi, ma proprio per questo ha il dovere di usare molto di più della propria testa, del proprio cervello, che devono supplire alle armi. E per questo noi oggi diciamo che la prima cosa è non distrarsi mai. Le guerre si evitano solo se si sconfigge prima che scoppino quello che le sta preparando. Il pacifismo proprio per questo non può essere intermittente. Adesso è il momento di insistere, certo, in modo da vedere come uscirne da questa situazione, e quindi sulla necessità di costruire, aiutare, ed è molto difficile, il miglior compromesso possibile, cercando di capire le ragioni di tutti.
Ma poiché la guerra è già scoppiata, purtroppo, da subito occorre aiutarne le vittime, gli ucraini. Da subito. La mia organizzazione, l’Arci, propone a tutti un’iniziativa, una piccola iniziativa, ma io credo più efficace delle armi: di promuovere l’invio di una catena di pullman, non per occuparli noi per fare una carovana, di pullman vuoti. A bordo solo gli indispensabili per guidare e organizzare perché devono essere disponibili per i tanti che cercano riparo. Dobbiamo andarli a prendere alla frontiera, dobbiamo portarli in Italia, aiutarli a mettersi in contatto con i tanti pezzi di famiglia che hanno qui nel nostro paese e poi affidarne la sopravvivenza, speriamo temporanea, ai nostri quartieri e alle nostre città.
C’è moltissimo da fare per non sentirsi inutili e dobbiamo fare e possiamo farcela senza l’elmetto. Lavoriamo!».