In fuga dall'Ucraina | Diario di viaggio della missione Arci/Arcs pt.1
VARSAVIA. Ci accoglie una città tappezzata di bandiere dell’Ucraina che sventolano, accanto a quelle polacche, nelle vie principali, sugli autobus, sui palazzi istituzionali e negli appartamenti privati. Ovunque, nelle vetrine nei negozi e dei bar, si trovano i cartelli in polacco ed in ucraino che forniscono informazioni, segnalano i punti di raccolta e le iniziative attive a supporto dei rifugiati.
La Polonia è la destinazione principale per i quasi 3 milioni di ucraini che sono scappati dal paese. Soltanto a Varsavia ad oggi sono arrivate circa 400,000 persone. Per le strade, anche in prossimità delle chiese e dentro le parrocchie, si incontrano cittadini impegnati a raccogliere e distribuire beni di prima necessità. Parlando con i primi volontari che incrociamo in stazione centrale, si nota subito l’impegno della società civile e della cittadinanza nel fronteggiare la crisi in corso.
Ci avviciniamo alla stazione centrale di Varsavia, dove fuori sono già allestiti i primi gazebo che offrono pasti caldi, assistenza medica e infopoint. All’interno la stazione brulica di persone arrivate con i treni dalle zone di confine in cerca di informazioni e assistenza. Ci sono ovunque giovani volontari con le pettorine gialle, appartenenti a diverse organizzazioni, che forniscono informazioni in ucraino, russo e inglese. Molte famiglie trascorrono le notti al piano superiore della stazione, in attesa di viaggiare verso altre città della Polonia o altri paesi europei. Le grandi città del paese, come Varsavia, sono già affollate e le disponibilità di alloggi scarseggiano. Campeggiano infatti cartelli che invitano le persone a spostarsi verso quelle città più piccole dove ci dicono che c’è grande disponibilità ad accogliere da parte delle famiglie polacche.
Vicino alla stazione, incontriamo Marta Lempart, infaticabile attivista e fondatrice del All-Poland Women Strike, il movimento nato nel 2016 dalle proteste di massa contro il divieto di aborto in Polonia. Ci accoglie nella loro sede, dove in ogni angolo si trovano scatoloni pieni di beni di prima necessità che si sovrappongono alle immagini e ai poster sulle pareti che raccontano le proteste degli ultimi anni contro le feroci politiche conservatrici del governo. Appena fuori dall’ufficio, nei locali di un negozio sfitto, All-Poland Women Strike ha aperto uno dei centri di raccolta attivi in città e gestiti in coordinamento con altre organizzazioni della società civile e con la municipalità di Varsavia. Quest’ultima, infatti, come molte altre città polacche sta cercando di fare il possibile per rispondere all’incessante afflusso di persone in fuga dalla guerra. Oltre alla distribuzione di materiale igienico e sanitario per le quasi 500 persone che si recano ogni giorno al centro (soprattutto donne e bambini), All-Poland Women Strike organizza trasporti quotidiani presso alloggi privati che ospitano i rifugiati e, settimanalmente, inviano materiali utili verso l’Ucraina.
Nelle ultime settimane sono molte le nuove persone che si sono attivate per aiutare il movimento anche per colmare una risposta istituzionale insufficiente e frammentata: questo però, ci dicono le attiviste, rischia di rallentare le altre attività e azioni che il movimento porta avanti a supporto dei diritti delle donne e della comunità LGBTQ+ e del contrasto alla violenza di genere. A questo proposito Marta ci racconta il dramma di quelle donne ucraine in fuga che non sono a conoscenza del divieto di aborto in Polonia e per le quali il movimento in futuro vorrebbe impegnarsi così come già avviene nella tutela sanitaria, psicologica e legale delle donne polacche.
L’incontro con Marta e gli altri attivisti ci ha fatto toccare con mano quali sono le reali necessità nel sistema di accoglienza e supporto alla popolazione in fuga dall’Ucraina per poter indirizzare al meglio i fondi che ci auguriamo di raccogliere con la campagna lanciata da Arci e Arcs ‘In fuga dall’Ucraina’.