Il quindicesimo Rapporto sui diritti globali
Il Rapporto sui diritti globali, giunto in libreria in questi giorni, ha compiuto 15 anni, grazie anche al sostegno della Cgil e alla partecipazione delle maggiori associazioni italiane tra cui l’Arci, che accompagnano questo lavoro realizzato dalla redazione di Società INformazione e pubblicato da Ediesse.
Il titolo del volume scelto per il 2017 è: Apocalisse umanitaria. Tanti, troppi, sono i fronti dei diritti negati o peggiorati che hanno suggerito questa titolazione. Per primo, il dramma dei profughi e la connessa criminalizzazione delle ONG.
La scelta del premier e del ministro dell’Interno italiano di accordarsi con il precario e frammentato governo libico per fermare gli imbarchi e i flussi di profughi e migranti verso l’Italia e l’Europa, così come il codice imposto alle organizzazioni umanitarie impegnate nei salvataggi in mare, rappresentano un rovesciamento morale, un salto di qualità negativo nelle politiche sulle migrazioni. Si tratta di una cinica linea di esternalizzazione – dietro compenso – delle frontiere già inaugurata dall’Europa con la Turchia di Erdogan.
Intanto, muri fisici e politici vengono eretti in diversi paesi, in particolare dell’Est Europa, ma anche negli USA di Donald Trump. ‘American First’ o ‘Britain first’ o ‘Prima gli italiani’ è il grido ricorrente, a remunerare psicologicamente i populismi montanti e a perpetuare quel pernicioso gioco di specchi tra politica e pubbliche opinioni, da tempo operante in particolare in materia di sicurezza, grazie agli imprenditori politici della paura, ma ora sfociato apertamente nei discorsi d’odio e in un razzismo che promana dall’alto. Un ‘razzismo democratico e diffuso che opera a largo spettro: non solo contro migranti e diversi, ma in generale contro i poveri, gli ultimi della fila.
Al tema dell’hate speech è dedicato uno dei Focus di approfondimento del 15° Rapporto sui diritti globali. Un tema pericolosamente attuale, basti ricordare Jo Cox, deputata laburista anti Brexit, che aveva a lungo lavorato per la ONG Oxfam, assassinata nel giugno 2016 al grido di «Prima la Gran Bretagna!»; o guardare all’infame campagna contro Laura Boldrini, presidente della Camera dei deputati, in precedenza portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Aggressioni fisiche o ‘solo’ verbali, minacce e persino uccisioni, che si diffondono complici i social media, ma soprattutto grazie alle correità morali e culturali che, di nuovo, promanano anzitutto dall’alto, da leader di partiti politici, da volti istituzionali, da penne del mainstream.
Non si può definire altro che un’apocalisse umanitaria l’esodo biblico in corso, i tentativi di suo contenimento in lager libici o turchi, l’indifferenza riguardo il cimitero marino che è diventato il Mediterraneo per effetto di leggi e politiche disumane e in assenza di corridoi umanitari. Un esodo che nel mondo colpisce ormai oltre 65 milioni di persone – erano la metà solo vent’anni fa -, la cui principale causa sono le tante guerre in corso e l’incontrastato cambiamento climatico, due tra gli altri temi principali analizzati nel 15° Rapporto.
È un fiume dolente e inarrestabile di uomini, donne e bambini, traumatizzati dai bombardamenti, sottoposti a violenze e privazioni lungo tutto il viaggio, ma che, alle soglie della possibile salvezza, viene ricacciato indietro in un terribile gioco dell’oca, o bastonato mentre affoga da un’Europa che ha scelto di difendere i confini anziché i propri valori fondanti e i doveri di umanità. Scelte e politiche – a partire dall’interruzione dell’operazione Mare Nostrum, specificatamente volta ai salvataggi in mare – direttamente responsabili dello stillicidio di morti: 2.993 morti o dispersi nel Mediterraneo al 22 novembre 2017; sono almeno 22.500 a livello mondiale dal 2014 e 60.000 a partire dall’anno 2000.
L’imperativo di difendere i confini da parte dell’Europa divenuta fortezza è arrivato a utilizzare a tale finalità il Fondo per l’Africa, come documenta un recente studio di una rete di ONG. Risorse destinate ad ‘aiutarli a casa loro’ vengono invece utilizzate per blindare frontiere e innalzare muri: un nuovo, e di nuovo infame, crescente business. Come riferisce il nuovo Rapporto sui diritti globali, il mercato globale della sicurezza delle frontiere nel 2016 è stato stimato attorno ai 16,7 miliardi di euro e in aumento dell’8% annuale fino al 2021. Un quadro globale terribile e desolante, ma che non deve cancellare i piccoli ma diffusi segni di un mondo diverso e possibile. Per questo il 15° Rapporto, ai tradizionali macro-capitoli su economia e lavoro, politiche sociali, conflitti e diritti umani, ambiente e beni comuni, in questa edizione ha voluto aggiungere una sezione chiamata ‘In comune’, per raccontare e contribuire a rendere maggiormente visibili tante buone pratiche che crescono dal basso e si manifestano nei singoli territori.
Una nota di speranza e di impegno perché, di nuovo e sempre, al pessimismo della ragione, alla cupa fotografia della realtà, bisogna opporre l’ottimismo della volontà e lo sforzo di colorare il mondo con i colori della solidarietà.
Ulteriori approfondimenti su: www.dirittiglobali.it/15-rapporto-sui-diritti-globali-2017/