Il 22 novembre, a tre mesi dalla scomparsa di Roberto Gottardi, il grande Architetto è stato ricordato in un incontro organizzato dal DIDA, Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze. Roberto Gottardi è stato uno dei tre architetti che hanno progettato e realizzato gli edifici delle scuole d’arte a Cuba. Le scuole hanno una storia unica che coglie appieno tutti gli elementi romantici dei primi momenti della rivoluzione cubana. L’idea nasce da Fidel e dal ‘Che’ che, convinti che la cultura fosse un fattore determinante per promuovere la libertà dei popoli, decisero di realizzare un luogo che consentisse a tutti ragazzi del mondo, indipendentemente dalla provenienza e dalla loro classe sociale, di sviluppare le proprie attitudini artistiche. I cinque edifici (arti plastiche, musica, danza, balletto e teatro) riassumono, come in un prologo edificato, la tensione romantica della Cuba immediatamente successiva al trionfo della rivoluzione e le parole chiave degli anni ’60: amore, utopia, fantasia, progetto, rivoluzione. Roberto Gottardi architetto italiano, che insieme all’altro connazionale Vittorio Garatti e al cubano Riccardo Porro ha realizzato un opera che oggi è indubbiamente uno dei capolavori mondiali dell’architettura contemporanea. Le scuole hanno visto fortune alterne e sono state negli anni emblema della rivoluzione cubana prima e accusate di essere un’opera controrivoluzionaria al prevalere di un’ideologia formale e costruttiva di matrice sovietica. Questo loro altalenare non ha mai consentito di portare a termine il progetto integrale delle scuole d’arte, alcune non sono mai state terminate. La scuola d’arte drammatica di Gottardi in particolare, è stata solo molto parzialmente edificata, nonostante tutto si riesce a cogliere la grande idea che sta alla base del progetto. In ogni caso anche l’edificio di Gottardi, pur non completato, è stato ed è utilizzato da generazioni di studenti. La nostra associazione, che da anni lavora a Cuba nel settore della cultura e dei beni culturali, non poteva rimanere insensibile al grido di dolore che proveniva da questi capolavori non adeguatamente valorizzati. Così all’inizio degli anni 2000, dopo che il celebre architetto John A. Loomis aveva fatto conoscere negli Stati Uniti e nel mondo accademico le scuole d’arte attraverso il suo libro Revolution of forms ci siamo posti l’obiettivo di far conoscere anche in Italia i capolavori realizzando in collaborazione tra Arci nazionale, Arci Toscana e con l’edizione di Skira, un volume Cuba, scuole nazionali d’arte all’interno del quale si trova anche il documentario, realizzato sempre per il progetto Arci, Un sueño a mitad del regista Francesco Apolloni. Successivamente all’uscita in Italia del libro e del documentario, probabilmente anche grazie a questi, ai tre architetti è stato assegnato, dalle mani dell’allora Presidente delle Repubblica Giorgio Napolitano, il premio De Sica per l’architettura. L’Arci in questi anni ha sempre tentato di porre il tema delle scuole d’arte come argomento prioritario nei rapporti con le autorità cubane ponendo, tra l’altro il tema della loro visitabilità. Va ricordata, inoltre, la splendida esposizione sulle scuole d’arte, realizzata da Arci, insieme all’Ambasciata della Repubblica di Cuba in Italia, nei suggestivi ambienti del Vittoriano a Roma. Roberto Gottardi, in questi anni, ci ha accompagnato nel percorso di conoscenza della storia della sua opera e di quella dei suoi due amici e colleghi. Roberto aveva fatto una scelta di vita, unico fra i tre aveva scelto di rimanere a Cuba insieme alla sua meravigliosa Luz Maria vivendo in un piccolo appartamento nel quartiere del Nuevo Vedado all’Avana vicino alle sue opere. Roberto non ha mai cessato di occuparsi della sua scuola di teatro anche quando il suo fisico, ormai provato dagli acciacchi, gli rendeva difficoltoso anche scendere le scale del suo condominio. Ogni occasione era buona per affrontare con il suo spirito indomito le nuove sfide che gli venivano proposte riprogettando, aggiungendo o modificando gli spazi della scuola con modernità e rimbrottando chi chiedeva il perché delle modifiche al suo stile originale. “Io sono un altro e le scuole sono altro, il mondo è un altro” asseriva con decisione Roberto stupendo tutti per l’attualità delle sue riflessioni. A pochi mesi dalla sua scomparsa, a noi piace ricordarlo in una delle sue ultime lezioni agli studenti di Architettura dell’Università dell’Avana. In quell’occasione, poco più di un anno fa, Roberto ha tenuto una lezione nell’aula magna della facoltà piena di studenti, era arrivato abbastanza stanco dopo altri impegni e, stupendo tutti, via via che la lezione procedeva il contatto con gli studenti gli trasmetteva una inaspettata energia non terminando mai di rispondere alle infinite domande dei ragazzi. Ecco a noi piace ricordarlo così, anche se tutte le volte che torneremo all’Avana ci mancherà non poterlo ancora ascoltare a bocca aperta come spesso succedeva.