L’abolizione del limite dei mandati per la carica di sindacǝ nei piccoli paesi deve diventare l’occasione per avviare una riflessione profonda su democrazia e cura del territorio. Per questo esprimiamo profonda preoccupazione per una scelta che rischia solamente di tappare provvisoriamente una falla ben più ampia e decisamente esplosiva. Siamo infatti in una fase storica in cui la partecipazione elettorale e democratica attraversa una crisi strutturale e manca a nostro avviso una riflessione seria su questo e, nel frattempo, si trovano soluzioni di segno opposto o, nella migliore delle ipotesi, del tutto insufficienti.
Vi è poi un tema di metodo. La partecipazione o è reale coinvolgimento o non è tale. Questa decisione, presa ancora una volta senza il coinvolgimento diretto della cittadinanza, sembra perpetuare l’idea errata che la politica e l’amministrazione siano prerogative di singoli individui e non di comunità collettive.
Per chi, come Arci, si impegna a immaginare e costruire futuri diversi per le aree interne questa decisione rappresenta un duro colpo, perché non apre una riflessione più ampia che riguarda la vera causa della mancata partecipazione alla vita civile: lo svuotamento progressivo delle aree interne. Questa scelta rischia peraltro di diventare strumento per la creazione di ‘feudi’ locali, luoghi in cui l’accesso prolungato al potere può facilmente trasformarsi in un’opportunità per consolidare posizioni anziché promuovere il rinnovamento, innovazione e risposta all’abbandono.
Come se non bastasse, un contesto del genere diviene ancora più sfavorevole per quelle persone giovani che vorrebbero impegnarsi nelle amministrazioni, e che si trovano già troppo spesso tagliate fuori dalla necessaria assunzione di responsabilità pubblica.
Le aree interne italiane versano in una condizione di sottosviluppo e spopolamento continuo e progressivo, per questo pensiamo che per ricostruire e ricucire un legame sano tra politica e cittadinanza andrebbe incentivata la partecipazione, attraverso percorsi di cessione di sovranità che possono contemplare strumenti come la coprogettazione e la coprogrammazione, attivando canali di accesso anche per il terzo settore alla gestione dei beni comuni.
La rimozione dei limiti di mandato alla carica di sindaco nei piccoli comuni appare così un palliativo, una soluzione di corto raggio adottata dalla politica per risolvere problemi reali di ricambio della politica locale, in una situazione in cui le amministrazioni sono strangolate dal Patto di Stabilità e hanno dotazioni di personale tecnico-amministrativo ridicole.
Ma se vogliamo provare a invertire una rotta in cui, come secondo il rapporto Svimez 2023, entro il 2080 il Mezzogiorno perderà circa 8 milioni di popolazione residente, allora dovremmo riflettere sui motivi profondi della perdita di popolazione, della mancanza del desiderio di fare politica, pensando a come rimettere al centro i servizi essenziali, le istituzioni di prossimità e le occasioni di partecipazione culturale e democratica nei territori interni in cui troppo spesso regna una dimensione asfittica di autocrazia.