Premesso che
– il Sahara occidentale è un territorio dell’Africa nord-occidentale, che è stato colonizzato dal Regno di Spagna alla fine del XIX secolo, prima di divenire una provincia spagnola ed essere poi inserito dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, nel 1963, nell’elenco dei territori non autonomi, ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, ove compare a tutt’oggi;
– il 14 dicembre 1960, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1514 (XV), intitolata «Dichiarazione sulla concessione dell’indipendenza ai paesi e ai popoli coloniali», che ha riconosciuto a tutti i popoli il diritto di autodeterminazione in base al quale determinare liberamente il proprio status politico;
– dal 1975, il Sahara Occidentale è occupato dal Marocco e da allora il popolo sahrawi vive diviso da un muro di sabbia, lungo oltre 2700 km, in parte nei territori occupati del Sahara occidentale e in parte nei campi di rifugiati di Tindouf in Algeria;
– le pretese del Marocco sul Sahara Occidentale sono state respinte dalla Corte internazionale di giustizia, che nel 1975, ha confermato che non esiste alcun vincolo di sovranità del Regno del Marocco sul Sahara occidentale;
– le Nazioni Unite nel 1991 hanno istituito e inviato in Sahara occidentale una missione internazionale d’interposizione denominata MINURSO, di cui fanno parte anche militari italiani, la sola missione delle Nazioni Unite senza uno specifico mandato di tutela dei diritti umani;
– il piano di pace delle Nazioni Unite sottoscritto dal Regno del Marocco e dal Fronte Polisario, legittimo rappresentante del popolo sahrawi, prevedeva la cessazione delle ostilità e la celebrazione di un referendum di autodeterminazione attraverso il quale definire lo status del Sahara Occidentale, che tuttavia non si è ancora svolto;
– le Nazioni Unite e l’Unione Europea, in numerosi documenti ufficiali, hanno riconosciuto il diritto del popolo sahrawi all’autodeterminazione, respingendo così, di fatto, le pretese di sovranità avanzate dal Marocco. Sono numerose le risoluzioni, in forza delle quali tali organismi internazionali hanno riconosciuto il processo di autodeterminazione del popolo sahrawi;
Considerato che
– l’Assemblea Generale e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno ribadito più volte il diritto all’autodeterminazione del popolo sahrawi, da realizzarsi attraverso un referendum, al fine di arrivare ad una «soluzione politica giusta, durevole e mutuamente accettabile», che possa contribuire alla stabilità, allo sviluppo ed all’integrazione nella regione del Maghreb;
– la sentenza C/104/16P del 21 dicembre 2016 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha escluso il Sahara occidentale dall’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Marocco, in considerazione dello status separato e distinto del Sahara occidentale, in forza della Carta delle Nazioni Unite e del principio di autodeterminazione dei popoli;
– il 19 luglio 2017 la Corte d’appello di Rabat ha, di fatto, confermato le pene durissime che il Tribunale militare aveva inflitto quattro anni fa agli attivisti sahrawi incarcerati in seguito allo smantellamento violento del campo di Gdeim Izik da parte delle forze di sicurezza marocchine, a dimostrazione della brutalità dell’occupazione marocchina del Sahara occidentale e nonostante i rapporti degli osservatori internazionali indipendenti, anche italiani, abbiano dichiarato che i due ordini di processi si siano svolti in un pesante clima di intimidazione nei confronti degli imputati e constatato la violazione del diritto alla difesa degli imputati;
– il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 28 aprile 2018 ha prorogato il mandato della MINURSO per sei mesi, fino al 30 ottobre 2018 (S/RES/2351), dopo aver esaminato il rapporto sulla situazione in Sahara occidentale del nuovo Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres del 10 aprile 2017 (S/2017/307);
Chiediamo al Governo italiano di:
– adottare ogni iniziativa volta a favorire la ripresa dei negoziati diretti tra Regno del Marocco e Fronte Polisario al fine di giungere al più presto a fissare la data del referendum, sotto l’egida delle Nazioni Unite, che garantisca una soluzione giusta e duratura del conflitto del Sahara occidentale, che rispetti il diritto all’autodeterminazione del popolo sahrawi e garantisca pace e sicurezza nel Maghreb e nella regione del Sahel;
– favorire l’operato del nuovo inviato personale Kohler che sta faticosamente tentando, nonostante l’intransigenza del Regno del Marocco, di riprendere i negoziati diretti;
– attivarsi affinché tutte le componenti della missione MINURSO possano rientrare in Sahara occidentale con un mandato ampliato al monitoraggio dei diritti umani in Sahara occidentale, per rafforzarne il ruolo e l’efficacia;
– chiedere al Governo marocchino di liberare tutti i prigionieri politici sahrawi tuttora in carcere e di fornire notizie sulle centinaia di desaparecidos;
– porre fine allo sfruttamento delle risorse naturali del Sahara occidentale, poiché non tiene conto degli interessi e dei desideri del popolo sahrawi e viola la legalità internazionale.
Chiediamo ad Arci di:
– riaffermare politicamente il sostegno alla lotta pacifica del popolo sahrawi;
– proseguire, incentivare e promuovere tramite le proprie basi associative l’impegno di sensibilizzazione ed informazione in merito alla situazione di grave violazione dei diritti umani perpetrata quotidianamente dal regno del Marocco dei territori occupati del Sahara occidentale;
– riaffermare pratiche di solidarietà internazionale favorendo l’utilizzo di nuovi metodi e sviluppando relazioni sempre più strette fra il popolo di Arci ed i Sahrawi;
– proseguire le campagne di solidarietà e sensibilizzazione di Arci, da sempre vicina alla lotta pacifica per l’autodeterminazione dei Sahrawi;
– rafforzare la filiera fra le basi associative di Arci ed i comuni gemellati con la RASD (Repubblica Araba Sahrawi Democratica).