Domenica pomeriggio 15 aprile: il rapper mallorchino Valtònyc canta le canzoni per cui nelle prossime settimane entrerà in carcere per 3 anni e mezzo, condannato per ingiurie alla corona e apologia di terrorismo. Il suo concerto, come quello del rapper catalano Pablo Hasél e di tanti altri musicisti, si tiene per la strada, fuori dalla ex-prigione di Barcellona la Modelo, che ha appena finito di ospitare la manifestazione No Callarem, per la libertà di espressione.
Valtònyc è una delle vittime dell’utilizzo abusivo della legislazione anti-terrorismo che si sta facendo in Spagna negli ultimi due anni, come Hasél, condannato a 2 anni e 1 giorno per gli stessi delitti. Carcere in cui ha rischiato di finire anche la studentessa di storia Cassandra Vera, per un tweet su Carrero Blanco.
Lo denuncia nel suo rapporto di marzo Twitta se hai coraggio la sessione spagnola di Amnesty International; ma già nel Rapporto 2017/2018: La situazione dei diritti umani nel mondo, Amnesty segnala una preoccupante riduzione della libertà di espressione e del diritto di riunione pacifica in Spagna. Una banalizzazione del terrorismo, in un paese che il terrorismo lo ha vissuto; un’estensione del delitto d’odio a fattispecie che nulla hanno a che vedere con la protezione di minoranze; una vera e propria persecuzione giudiziaria nei confronti di tuitteros, rappers, burattinai, giornalisti, semplici militanti di movimenti sociali.
Com’è successo nei giorni scorsi a Tamara Carrasco, appartenente ai Comitès de Defensa de la República, accusata dalla Procura Generale di terrorismo per l’interruzione della viabilità su un’autostrada e lasciata poi in libertà condizionale dal giudice con l’accusa assai minore di disordine pubblico. O come succede nel caso di Altsasu, in Navarra, in cui una rissa da bar tra alcuni giovani e due poliziotti della Guardia Civil in borghese occorsa 18 mesi fa è diventata un caso di terrorismo. Da allora, 3 degli 8 giovani incriminati sono in regime di carcerazione preventiva. Inizialmente non si parlava di terrorismo ma di delitto d’odio, poi è prevalso il concetto che «Tutto è ETA». Ora è iniziato il processo, del tribunale fa parte una giudice sposata con un alto funzionario della Guardia Civil. L’accusa è gravissima e il giudice chiede tra i 12 e i 62 anni di pena.
Domenica mattina, 15 aprile: in piazza, a Barcellona, ci sono centinaia di migliaia di catalani e catalane per la democrazia e la libertà dei prigionieri politici. È una mobilitazione trasversale, promossa dalla piattaforma Espai Democràcia i Convivència: c’è l’associazionismo democratico e indipendentista, i sindacati catalani CCOO e UGT; ci sono i partiti indipendentisti e della sinistra non socialista. Sono 6 mesi che i leader del movimento indipendentista Jordi Cuixart e Jordi Sánchez sono in carcere per aver sostenuto la manifestazione al dipartimento di Economia il 20 settembre e il referendum del 1˚ ottobre. Sul palco cantano in catalano Geordie di Fabrizio De Andrè.