Vi è una continuità tra le ragioni che spinsero Aldo Capitini ed il suo gruppo ad organizzare la prima marcia per la pace da Perugia ad Assisi nel 1961e quelle che oggi ci spingono a ripercorrere quella forma di testimonianza e di protesta nonviolenta: dare uno scossone alla politica!
Ricordiamo di quegli anni, la guerra fredda, il Vietnam, il colonialismo e le spinte per affermare il diritto di auto-determinazione dei popoli, il riarmo e le armi nucleari come deterrenza a minacce di nuove guerre, la ricostruzione economica e democratica di società uscite dalle due grandi guerre che sconvolsero l’intero pianeta, i primi passi delle Nazioni Unite, del sistema del diritto internazionale, della Comunità Europea e il nostro paese, con la sua bella Costituzione.
La Marcia per la pace, è bene ricordarlo, parte da questa storia, dalla necessità di costruire un nuovo ordine mondiale, denunciando i rischi e l’assurdità di continuare a pensare che siano le armi, le guerre, l’uso della forza, l’imposizione e la dominazione, a garantire ‘pace, sicurezza e benessere’ per l’intera popolazione del pianeta, proponendo, allora come oggi, una alternativa, fondata su di una nuova cultura ed un nuovo modello di società nonviolenta e pacifista, regolata dall’applicazione e dal rispetto dei diritti umani, dal diritto internazionale e dalla cooperazione tra popoli e nazioni.
L’adesione e la partecipazione alla Marcia sono quindi adesione e sostegno alla costruzione della politica di pace, di disarmo, di accoglienza, di solidarietà tra popoli e paesi, di nonviolenza, di promozione e di rispetto dei diritti umani universali che oggi, nel nostro contesto e nella nostra fase storica, si declinano con scelte di campo chiare, sostenute con comportamenti quotidiani di impegno civile e con politiche corrispondenti.
La nostra ‘mozione’, per dirla alla Capitini, parte quindi dal richiedere alla politica:
- di schierarsi chiaramente per la messa al bando delle armi nucleari;
- di sospendere la vendita di armi ai paesi che violano i diritti umani e che sono coinvolti in guerre, come richiede il rispetto della Legge 185/1990;
- di affrontare, finalmente, la riconversione dell’apparato industriale militare per una riconversione e diversificazione industriale ad uso di difesa civile non armata, sostenibile, al servizio della messa in sicurezza del paese e della sua popolazione;
- di mettere a disposizione della cooperazione per la sviluppo sostenibile dell’Africa e per la soluzione dei conflitti armati in Medio Oriente, lo 0,7% del PIL, in un quadro di cooperazione bilaterale e multilaterale, attivando partenariati tra comunità, enti locali e società civile;
- di garantire accoglienza e rispetto dei diritti umani a chi fugge da fame, guerre, discriminazioni, persecuzioni, facendosi portatore nelle sedi internazionali di una politica di solidarietà, di cooperazione e di integrazione tra culture, religioni ed etnie diverse;
- di dedicare programmi e spazi nei curricula scolastici e nel servizio pubblico d’informazione alla cultura ed alle pratiche di pace, di protezione e accesso ai diritti umani, di cooperazione e di solidarietà.
E noi, operatori di pace, ci impegniamo a praticare principi e valori della Marcia, nel nostro quotidiano, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nei circoli, nelle famiglie, delegando, sì, alle istituzioni democratiche l’applicazione della Costituzione ma partecipando in modo attivo e senza rinunciare a far sentire la nostra voce e ad esigerne rispetto e coerenza nelle decisioni politiche.