Si è tenuta la scorsa settimana l’undicesima edizione di St®ati della Cultura a Piacenza: l’appuntamento nazionale che l’Arci organizza ogni anno per confrontare le proprie proposte sulla ‘promozione culturale’ con il mondo delle istituzioni, della politica, della cultura.
Con il titolo di Cantieri Aperti – La bella rigenerazione: partecipazione civica e impresa sociale culturale abbiamo raccolto la sollecitazione del comitato Arci di Piacenza che allo scorso congresso di Pescara ci ha illustrato come la città sia uno dei luoghi italiani a maggiore concentrazione di aree militari dismesse su cui ancora oggi non esiste un progetto convincente.
Alla luce dei cambiamenti normativi e culturali cui stiamo assistendo di questi tempi, possiamo dire che mai scelta è stata più felice per aggiornare, approfondire e ripartire con un ragionamento sul ruolo dell’Arci e dell’associazionismo in generale quale propulsore di idee ed elaborazioni che sappiano cogliere le sfide che abbiamo davanti.
Il riuso, la rigenerazione degli spazi, la loro animazione, perché non siano semplicemente ‘parole magiche’ con cui riempire gli spazi su una pagina, debbono trovare prassi e impegno e in questa edizione abbiamo cercato di farlo con chi opera nella nostra associazione e assieme a una serie di ospiti per focalizzare meglio il nostro prossimo agire.
Durante la prima sessione mattutina abbiamo potuto ascoltare diverse esperienze del territorio: dall’Arci Stand By di Santeramo in Colle (BA) che ha declinato la questione degli spazi nel contrasto alla baldanza di movimenti neofascisti che oggi provano a occuparne; al comitato di Torino che indica come progressivamente la sfida progettuale per attivare luoghi sia sempre più alta (formalmente e contenutisticamente) e si debba scontrare con una ‘concorrenzialità’ del mondo profit; all’Orchestra Senza Spine e il suo Mercato Sonato (BO) che ha lanciato la sfida non solo della rigenerazione di nuovi spazi, ma della rivivificazione di spazi Arci già esistenti, che tuttavia faticano a trasfo-rmarsi, nonostante le esigenze di soci e contesto siano profondamente mutate.
In questo senso per l’Arci è ovvio che la rigenerazione degli spazi non è solo questione ‘funzionale’ o strettamente architettonico / urbanistica, ma una sfida soprattutto sui contenuti, quando il ‘pop’ impera mentre la produzione e la promozione di cultura ‘altra’ (non alta), non omologata è compito sempre più difficile.
Ad approfondire il discorso ci hanno raggiunti, per la seconda sessione, Elisa Paluan per la Fondazione Unipolis, Massimo Iotti per Arci Parma, Elena Ostanel dottore di ricerca in Pianificazione territoriale e politiche pubbliche del territorio (IUAV – Università di Venezia).
Tutti hanno sottolineato come i processi di rigenerazione urbana, almeno quella che nel nostro titolo è stata indicata come ‘bella rigenerazione’, non possano essere mai separati dal contesto in cui si inseriscono e che soprattutto hanno lo scopo di ricostruire un senso di relazione in luoghi o parti delle città e dei paesi la cui coesione è andata via via frantumandosi.
La ricucitura di questi contesti può avvenire soprattutto attraverso soggetti associativi, che all’aspetto gestionale sanno affiancare processi di coinvolgimento partecipativo e promuovere elementi di contenuto altrimenti non accessibili.
Per affrontare poi gli aspetti gestionali, non secondari, anche alla luce del quadro normativo in mutazione, abbiamo incontrato nella terza sessione Francesca Colecchia consulente esperta di Terzo Settore, Fabrizio Montanari per UniMORE, docente di organizzazione e management della cultura e della creatività e Carlo Pesaresi per Arci Marche. In questo caso le parole d’ordine innovazione, territorio, sostenibilità, diritti, coesione, partecipazione, hanno trovato, nell’approfondimento sull’impresa sociale culturale, ulteriore materia di riflessione. La Riforma del Terzo Settore riconosce pienamente la promozione della cultura come una delle attività di interesse generale legittimando così l’azione che i circoli Arci mettono in atto quotidianamente sul territorio, ma apre anche ulteriori scenari. Di certo quello che interessa ad Arci è intendere la cultura come l’elemento di premessa sul fattore sociale e quindi promuovere processi generativi, ovvero capaci di costruire senso e coesione attraverso la cultura, anziché estrattivi, ovvero subire passivamente o privatamente la fruizione di contenuti culturali. Da qui la necessità di approfondire la valutazione dell’impatto sociale delle attività culturali e dotarsi della strumentazione adeguata, tra le forme di Terzo Settore, che non sovve-rtano il senso di appartenenza all’Arci, ma riescano al meglio a incanalare le energie.
Si è dunque trattato di un’edizione di St®ati piuttosto densa di contenuti che è nostra intenzione sistematizzare nei piani di lavoro futuri.
Una menzione speciale va ovviamente a tutta l’Arci di Piacenza che oltre ad essere stata di stimolo e innesco alla discussione, ci ha accolto al meglio, e a tutti coloro che hanno partecipato e costruito questa undicesima edizione il cui futuro, per citare Joe Strummer, ancora «non è scritto».