Dopo la più grande manifestazione NoTav che si sia mai vista a Torino, è partita una polemica infantile a base di misurazione delle piazze, in cui, come il gatto di Schrödinger, il movimento NoTav sarebbe sia marginale e nimby, sia consolidato e capace di mobilitare ‘truppe cammellate’ da tutta Italia; mentre i SìTav sarebbero sia maggioranza nel Paese (e 61% del Pil, cosa che per la politica conta di più), sia l’iniziativa ‘spontanea’ di 7 madamine disorganizzate che si son trovate quasi per caso (dal notaio!).
La verità è che tutti, compresi tv e giornali che avevano spinto la manifestazione SìTav ‘a prime pagine unificate’, pensavano che quella del 10 novembre avrebbe chiuso la partita, come la marcia dei 40mila chiuse la vertenza a favore della Fiat nel 1980. E invece la risposta è stata la migliore possibile, più di 70mila persone (per capirci al corteo del Primo Maggio erano circa 20mila), con una partecipazione festosa, trasversale – con amministratori pubblici, comitati spontanei, organizzazioni politiche, sindacali e sociali (c’era anche ‘la spezzona SìTrav NoTav’) -, pacifica e autopulente (da sempre i cortei NoTav sono chiusi dai volontari che puliscono le strade).
Come da tradizione, all’indomani della mobilitazione arriva dalle istituzioni un atto di segno contrario (espropri, militarizzazione, accordi internazionali…), questa volta il voto della Città Metropolitana, la ex Provincia tutt’ora in attività (l’unica cosa abolita è stato il voto dei cittadini), a favore del nuovo tunnel di base. Ora il Ministro dell’Interno Salvini – temendo (o conoscendo) l’esito dell’analisi costi benefici in corso – propone persino un referendum dalle dubbie basi giuridiche, dopo che la Lega approvò (e ha sempre difeso) la legge obiettivo in contrapposizione a chi chiedeva il dèbat public sulle grandi opere.
L’impressione è che il tunnel (unica parte in cantiere della seconda linea Torino – Lyon) – come il Mose, la BreBeMi o il ponte sullo Stretto – sia l’ennesimo spreco di denaro pubblico a danno dell’ambiente e dei contribuenti, sul quale si giocano interessi di partito e di gruppi di potere, completamente sganciati dai bisogni quotidiani dei cittadini ribaditi dalla piazza dell’8 dicembre: messa in sicurezza di edilizia pubblica e territori, scuola e sanità pubbliche, occupazione basata su un modello di sviluppo eco compatibile.