Il 31 maggio a Ferrara la presentazione del libro di Bertram Niessen presso il Circolo Arci Officina Meca
ROMA, 23 MAGGIO 2023 – Il 31 maggio, alle ore 18, presso il Circolo Arci Officina Meca di Ferrara si terrà la presentazione del libro di Bertram Niessen* ‘Abitare il vortice. Come le città hanno perduto il senso e come fare per ritrovarlo’ (UTET). L’iniziativa è organizzata dalla Commissione Cultura di Arci nazionale in collaborazione con Arci Ferrara, il circolo Officina Meca e Web Radio Giardino e sarà trasmessa sui canali social di Arci nazionale.
L’autore, Bertram Niessen, dialogherà con Marco Trulli, responsabile Cultura di Arci nazionale, cercando di approfondire i concetti relativi al ruolo del terzo settore culturale nei processi sociali che attraversano le città e nelle trasformazioni della fruizione della cultura.
L’appuntamento rientra in un percorso nazionale promosso da Arci di riflessione e approfondimento sui temi della cultura, della partecipazione e del territorio, con autori e ricercatori in tutta Italia.
Allo scoppio della pandemia, la vita urbana si è fermata. Strade deserte, bar chiusi, uffici vuoti. Gli stessi circoli Arci hanno trasformato spazi e attività, dando vita a percorsi mutualistici aperti alla cittadinanza che, in molti casi, sono diventati progettualità stabili delle associazioni.
Confinati tra le mura domestiche, ci siamo chiesti: che senso ha vivere in città? Tre anni dopo la domanda resta ancora aperta e il libro di Bertram Niessen è fondamentale per chiunque desideri orientarsi nella complessità del tema e provare a cercare una risposta.
‘Abitare il vortice’ affronta infatti le trasformazioni dei territori urbani prima e durante la pandemia, offrendo diversi spunti di analisi sui fenomeni sociali, economici e culturali che caratterizzano l’abitare i territori urbani.
Bertram Niessen alterna sapientemente lo sguardo freddo del sociologo, il piglio dell’agitatore culturale e l’attitudine pragmatica di chi da anni lavora come esperto accompagnatore di trasformazioni urbane. Se la modernità è per definizione sempre più liquida, le città sono specchi d’acqua: le spinte e le controspinte economiche, le trasformazioni sociali e politiche ne agitano la superficie senza sosta, creando vortici spaventosi e seducenti. Resta da capire se è possibile, oggi e ancor più domani, trovare il modo di ‘Abitare il vortice’.
Sinossi
Fino all’inizio del 2020 la nostra idea di futuro era dominata dalle città, questi labirinti di grattacieli sfavillanti e strade trafficate, allo stesso tempo termitai di lavoratori e Disneyland per turisti low-cost. La mutazione era avvenuta nel corso dei secoli, accelerando negli ultimi decenni: lo spazio urbano era ormai il baricentro economico dei territori, il polo magnetico della produzione e della creatività, la fucina delle tendenze. Di anno in anno, i piccoli comuni si svuotavano e le città medie e grandi crescevano a dismisura.
Certo, c’erano dei lati negativi: la gentrificazione selvaggia spingeva gli strati più poveri della popolazione verso periferie sempre più simili a ghetti e dormitori per pendolari, mentre lo sviluppo della mobilità pubblica non sembrava in grado di contrastare davvero la crescita costante dell’inquinamento.
Ma questi e altri problemi sembravano un contrattempo momentaneo, semplici effetti collaterali che amministrazioni sapienti avrebbero mitigato e, prima o poi, rimosso.
Il Covid, e soprattutto il lockdown, sono arrivati come uno shock, beffandosi proprio di chi stava vivendo il grande sogno futuribile della città e si è ritrovato a pagare affitti stellari per starsene murato in monolocali claustrofobici, mentre gli amici in provincia salutavano via Zoom dalle loro belle e quiete case con giardino, o magari vista mare.
Ogni certezza urbanistica e sociologica, di colpo, è crollata, mentre lo smartworking diventava pian piano la norma e il dogma della concentrazione urbana si rivelava un’idea vecchia, da ripensare completamente per arginare l’improvvisa fuga dalla città. Ma ora, più di due anni dopo: lo abbiamo fatto davvero? Le città stanno ritrovando il senso perduto nel trauma della pandemia?
*Bertram Niessen (1979) è ricercatore, progettista, docente in master e corsi universitari. Ha insegnato nelle Università di Milano-Bicocca, Milano Statale, oltre che all’Università degli studi di Trento. È direttore scientifico di cheFare, con cui si occupa di progettazione culturale, organizzazione di eventi e festival, processi collaborativi online e offline, empowerment di organizzazioni culturali dal basso e advisory per le istituzioni.
Collabora con testate online, offline e radio: “Il Sole 24 Ore”, “IL”, “Nòva”, “Il Giorno”, “Artribune”, “Digicult”, Rai Radio Live e RSI Radiotelevisione svizzera. È membro di diversi consigli culturali, giurie, board, commissioni tecniche e scientifiche per la valutazione di progetti culturali.