Il primo di luglio del 2024 è stato firmato un Accordo Istituzionale tra ANBSC e MASAF che prevede la pubblicazione di bandi pubblici finalizzati alla assegnazione dei terreni agricoli confiscati e non optati a giovani agricoltori, verso la corresponsione di un canone agevolato.
Siamo consapevoli che sul territorio nazionale insiste un ingente patrimonio fondiario proveniente da procedure di confisca e non assegnato e, pur consapevoli che spesso la mancata manifestazione di interesse verso i beni messi a bando è stata legata ad una oggettiva difficoltà di accesso agli stessi beni ed ai dati indispensabili alla progettualità finalizzata al loro riuso, riteniamo comunque opportuno un intervento finalizzato ad accrescere la possibilità del riuso per evitare che, oltre a trasmettere un messaggio simbolico del tutto controproducente, il bene non utilizzato rappresenti un mancato investimento economico e sociale, con danni ingenti anche alla tutela dell’ambiente.
Si condivide, quindi, l’esigenza di arginare il processo di riorganizzazione che da anni sta subendo il settore agricolo, a danni delle piccole medie aziende che vengono espulse dal mercato, lasciando interi territori dell’area interna all’abbandono.
Ciò premesso, le scriventi associazioni nazionali ritengono che vada evitato il rischio che l’assegnazione prevista dal suddetto Accordo, possa rappresentare il volano di un nuovo corso verso la privatizzazione di un patrimonio pubblico di ampia portata
simbolica, oltre che economica, che rappresenterebbe anche l’allontanamento dagli indirizzi della legge 109/96 e dell’articolo 48 del codice antimafia chiaramente indirizzati al riuso sociale dei beni attraverso progetti a carattere collettivo.
Data la delicatezza ed importanza degli interventi previsti, sarebbe stato opportuno ascoltare i suggerimenti avanzati dalle realtà nazionali interessate, che da anni dedicano risorse e impegno su tali rilevantissime questioni, in collaborazione con gli Enti e le Istituzioni territoriali e la stessa ANBSC.
Il testo, così come presentato, apre la possibilità di affitto dei terreni solo a imprese agricole giovanili, soggetti economici totalmente privati e profit, senza prevedere il coinvolgimento dei Comuni, del Terzo Settore, della cooperazione e del sindacato, che potrebbero svolgere un ruolo di promozione, affiancamento e coinvolgimento delle comunità locali rappresentato dalle buone pratiche di economia sociale. Sarebbe viceversa, utile valorizzare le esperienze svolte in 29 anni di riuso sociale, che sono state in grado di aprire la strada a modelli di sviluppo alternativo e nuove forme di economia civile, anche con il coinvolgimento di altre tipologie di imprese in filiere produttive improntate ai valori etici, di legalità e giustizia sociale e ambientale.
Occorre, infatti, riaffermare il senso profondo del riuso sociale dei beni confiscati, che ha animato la legge 109\96 e, di conseguenza, tutta la codificazione in materia di riutilizzo dei beni confiscati.
Allo stesso tempo riteniamo che si possa intervenire per arginare la mancata assegnazione dei terreni a realtà non profit, creando una rete che aiuti il soggetto gestore a farsene carico, anche coinvolgendo attivamente realtà private: in questo caso, la portata sociale di progetto presentato da un soggetto del terzo settore potrebbe integrarsi con le caratteristiche tipiche di una realtà profit. Con questa previsione si salvaguarderebbe l’economia dell’intero territorio e il completo riuso dei terreni confiscati.
A tal riguardo e al fine di limitare il più possibile conseguenze pregiudizievoli del buon esito della procedura, riteniamo che vadano inserite esplicite previsioni delle caratteristiche che dovranno possedere le imprese private interessate ad essere coinvolte nei percorsi di riutilizzo dei beni. In particolare, occorre che i progetti di imprenditoria agricola vengano realizzati nel rispetto di vincoli per coltivazioni sostenibili sotto il profilo ambientale e sociale oltre che economico.
Nella consapevolezza che lo spirito del provvedimento che emerge con chiarezza sia quello di evitare che terreni già portati alla destinazione degli enti pubblici e del terzo settore e non optati vengano abbandonati all’incuria, si chiede di valutare l’opportunità di apportare alcuni emendamenti volti ad agire in coerenza e salvaguardia dell’esperienza maturata in materia di riutilizzo di beni immobili confiscati.
Nello specifico proponiamo di intervenire affinché:
a. l’accordo contenga le indicazioni su un partenariato fra soggetto privato profit e soggetto sociale (come già succede in molti altri campi), per garantire un accompagnamento costante rispetto alla implementazione, non solo di un progetto sociale, ma di percorsi di integrazione e reinserimento lavorativo di categorie vulnerabili, nonché allo sviluppo di filiere etiche di produzione e
commercializzazione dei prodotti.
b. I progetti di imprenditoria agricola vengano realizzati nel rispetto di vincoli per coltivazioni sostenibili sotto il profilo ambientale e sociale oltre che economico.
c. Che alle lavoratrici e lavoratori, venga garantita, la corretta applicazione dei contratti nazionali definiti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale, le norme di tutela della salute e sicurezza, prevedendo altresì espresso divieto del subappalto nella filiera agricola.
d. Che vengano indicate con maggior dettaglio le penalità e sanzioni previste in caso di mancato adempimento di quanto previsto negli accordi, fino alla esclusione, in caso di gravi inadempienze.
Chiediamo quindi di avviare una interlocuzione finalizzata a valutare la possibilità di creare un tavolo di lavoro permanente tra ANBSC, MASAF con i rappresentanti del terzo settore e con le scriventi associazioni, per ridurre al minimo le possibilità di non riuso di un terreno agricolo.
Certi di ascolto e con l’obiettivo di ricercare le migliori soluzioni possibili alle questioni che evidenziamo rimaniamo in attesa di riscontro.