“Fotografia sociale: tra documentazione e memoria” con Giulio Di Meo.
H 19.30 Aperitivo (8 euro inclusa bevanda)
H 20.30 Intervento di Giulio Di Meo e proiezione di alcuni dei suoi lavori
Raccontare il mondo ai suoi abitanti, denunciarne la miseria e le prevaricazioni subite dagli ultimi: questo è il compito di quella che amo definire “fotografia sociale”. Una fotografia desiderosa di farsi carico delle lotte, della rabbia, delle ingiustizie che ci circondano; una fotografia capace di indignare parlando con amore, passione e speranza. Immagini che documentano, ma che al tempo stesso diventano custodi della memoria, raccogliendo il testimone da chi non avrà più voce per portarci ancora avanti nel tempo. Ma la memoria è anche altro: è attiva nel presente come una geografia della vita umana, in tutte le sue forme e in tutti i suoi bisogni. Arroccati nelle nostre convinzioni, perimetriamo il mondo su quello che vediamo, rassicurandoci nella nostra identità: siamo padroni nella cerchia o nella prigione della nostra certezza. La fotografia dovrebbe costringerci alla memoria del presente, consegnando alla nostra vista i volti di altri uomini che vivono questo pianeta oggi, contemporaneamente a noi: non tutti vivono come noi, non tutti sono come noi, non tutti sono quello che noi immaginiamo. I loro volti si animano su sfondi che non sono quelli della nostra esperienza e aprono, allargano, valicano i confini che avevamo comodamente posto al nostro modo di intendere la vita.
Ed ecco allora che la “geografia dell’umanità” si fa composita, multiforme, inquietante e mette in crisi, se lo vogliamo, le nostre certezze. Narrando questa geografia la fotografia può diventare veicolo per un cambiamento personale, sociale e politico, attraverso immagini che non restano un semplice sguardo pietoso ma diventano strumento per contribuire alla costruzione di una società meno arroccata e prepotente.
Durante la serata verranno proiettati alcuni lavori del fotografo.
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Giulio Di Meo (Capua, 1976) è un fotografo italiano impegnato da più di dieci anni nell’ambito del reportage e della didattica. Organizza incontri e workshop di reportage e di street photography, in Italia e all’estero, e laboratori per bambini, adolescenti, immigrati e disabili per promuovere la fotografia come strumento di espressione e integrazione. Fotografo freelance, porta avanti i propri progetti in modo indipendente. Presidente dell’associazione Witness Journal e photo editor dell’omonima rivista di fotogiornalismo WJ. Collabora con diverse associazioni e ONG, in particolar modo con l’Arci, con la quale dal 2007 organizza workshop di fotografia sociale in diverse realtà del Sud del mondo (Brasile, Camerun, Cuba, Saharawi). Crede nella fotografia come strumento per informare e denunciare, come mezzo di cambiamento personale, sociale e politico. “È questa la mia fotografia, quella che amo e che mi piace definire sociale: una fotografia fatta di lotta, rabbia, indignazione ma anche di amore, passione, speranza”. È convinto che il reporter non può limitarsi solo a informare ma deve agire concretamente, impegnandosi nelle realtà che documenta. Dal 2003 lavora al progetto fotografico Riflessi Antagonisti sulle realtà e lo sfruttamento dei paesi latinoamericani. Tra i suoi reportage: Riflessi Cubani del 2005 offre stralci del quotidiano sull’isola, Tra cielo e terra del 2006 descrive la realtà delle favelas di Rio de Janeiro. Nel 2007 realizza, per il cinquantesimo anniversario dell’Arci, il libro Cinquant’anni di sguardi, un viaggio attraverso i circoli in Italia. Del 2008 sono i lavori Fiori di strada, sulla vita delle prostitute di Bologna, e Casa Luzzi, documentario fotografico sull’occupazione di un ex-ospedale di Firenze da parte di 350 famiglie d’immigrati. Nel 2011 torna a occuparsi del Brasile con i lavori sulla favela Rocinha di Rio de Janeiro e sull’occupazione urbana Dandara di Belo Horizonte. Nel gennaio 2013 pubblica il libro Pig Iron, un racconto sui contadini brasiliani vittime delle ingiustizie sociali e ambientali commesse dalla multinazionale Vale. Parte dei ricavi sono stati utilizzati per sostenere le attività della compagnia teatrale “Juventudes pela Paz”, formata da un gruppo di giovani della città di Açailândia, nel nordest del Brasile. Ad ottobre 2014 pubblica Sem Terra: 30 anni di storia, 30 anni di volti, una raccolta di ritratti per celebrare i trent’anni del Movimento Sem Terra (MST) e per raccogliere fondi per la Scuola Nazionale Florestan Fernandes. A giugno 2015 pubblica Il Deserto Intorno, un libro sui campi profughi saharawi, una pubblicazione per sostenere l’Associazione delle Famiglie dei Prigionieri e dei Desaparecidos Saharawi (AFAPREDESA).
Di Meo, negli anni, ha realizzato mostre, calendari, poster e incontri al fine di raccogliere fondi per i progetti sociali che si muovono intorno alle realtà documentate. Un modo per rendere la fotografia concreta, un modo per far sì che uno scatto non resti un semplice sguardo pietoso ma diventi il veicolo per restituire dignità alla sofferenza, un modo per contribuire alla costruzione di una società meno prepotente e più giusta.
"La macchina fotografica è il mio strumento di lotta, il mio arnese d’amore. È lo strumento che sostiene le mie idee, il mezzo per rincorrere i miei ideali, per sognare un mondo più giusto."
COLLABORAZIONI:
Italia: Arci, Arcs, Libera, Amici Rom, Anfass, Movimento di Lotta per la Casa, Oxfam, Collettivo Fotosocial.
Brasile: M.S.T. Sem Terra, Gruppo E.C.O, Roupasuja, Ass. Il sorriso dei miei bimbi;
Bolivia: Mlal, Yanapakuna;
Perù: Alas de esperanza;
Cuba: Asociación Hermanos Saíz (Ahs), Asociación Cubana de Técnicos Agrícolas y Forestales (Actaf), Italia-Cuba;
Serbia: Nshc, Sos Villaggio del Fanciullo;
Kurdistan: UiKi Curdi;
Sahrawi: Afapredesa, Fronte Polisario.
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Durante la serata verrà inaugurata anche la mostra fotografica “La mafia non esiste”, frutto del workshop fotografico svolto, ad Agosto 2018, durante il campo antimafia organizzato da Arci Lecco. Gli scatti esposti parlano di impegno e creatività giovanile, dell’entusiasmo che i partecipanti al campo hanno messo sia nello svolgere le attività pratiche tipiche del campo di lavoro che quelle più formative o creative. Fotografie che mostrano una realtà sociale troppo spesso scarsamente messa in luce, fatta dei luoghi, delle istituzioni, dei testimoni della lotta alla criminalità organizzata che i partecipanti hanno potuto conoscere durante il campo. Scatti da cui traspaiono le riflessioni e gli interrogativi dei giovani sull’importanza e sul significato sociale che sta alla base dell’atto dell’atto della confisca, da cui si percepisce la dimensione comunitaria e creativa della ‘rioccupazione’ di questi spazi, l’entusiasmo nella collaborazione alla costruzione di comunità alternative alle mafie.
Fotografie di: Chiara Compagnucci, Michele Dell’oro, Giulio Di Meo, Davide Gloria, Marika Ikonomu, Andrea Mancuso, Piersandra Pedrazzini e Irene Starita.
https://www.giuliodimeo.it/home/progetti/workshops-galleries/la-mafia-non-esiste/
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Ingresso con tessera Arci 2018-2019.