Mentre continua a crescere il numero di contagi, le conseguenze del DL 23 febbraio 2020 n. 6 (e le successive integrazioni del MIUR e delle Regioni) iniziano a pesare sulle organizzazioni culturali di tutta Italia.
È comprensibile la precauzione e l’attuazione di misure da applicare per limitare la diffusione del coronavirus, ma gli effetti rischiano di essere devastanti per un settore ampio come il nostro che va dall’intrattenimento, alla socialità e all’aggregazione. Una chiusura senza precedenti che si prefigge di limitare occasioni di aggregazione ma che peserà direttamente sul settore e in particolare sulle sette regioni italiane che ad oggi sono state incaricate di chiudere i musei e applicare varie restrizioni anche ai nostri 2120 circoli di Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia.
A fronte di questa situazione le sedi Arci locali hanno promosso appelli ai Sindaci di Torino, Milano e Bologna a sottolineare un settore già alle prese con numerose difficoltà e che la paura del contagio da coronavirus con la relativa chiusura preventiva dei locali, sta pesantemente aggravando.
Le sottoscrizioni sono subito state numerose, i diversi titolari di circoli (ma non solo) evidenziano il peso dello stato di blocco di questi giorni e sono preoccupati per la durata di questa condizione.
La rete sul territorio di aggregazione culturale e sociale è un elemento indispensabile per ricreare quel contesto di fiducia che sarà il lavoro più difficile a crisi emergenziale conclusa.
Il Governo, le Regioni e i Comuni devono considerare questa filiera, non solo come comparto economico ma come vera e propria rete sociale. Si convochino dei tavoli di crisi, troviamo insieme le soluzioni per affrontare questo periodo.