Migranti, minoranze religiose e donne sono i principali soggetti dell’hate speech online: è quanto emerge dai dati pubblicati all’interno del rapporto Barometro dell’odio con un focus sulle elezioni europee 2019, presentato da Amnesty International in concomitanza con l’insediamento a Strasburgo del nuovo Parlamento europeo.
Dal 26 aprile al 24 maggio, gli attivisti hanno monitorato su facebook e twitter il linguaggio di tutti i candidati alle elezioni europee e dei candidati sindaci alle elezioni amministrative, osservando le reazioni e risposte degli utenti per rilevare eventuali correlazioni tra toni e messaggi veicolati dalla politica e sentimento delle persone rispetto a determinati temi e gruppi di persone.
Il risultato è che più di 1 contenuto su 10 (l’11,5%) dei 100mila post, tweet e commenti valutati è risultato essere offensivo e/o discriminatorio o contenente hate speech.
I tre temi principali sui quali i politici si esprimono in modo più problematico sono immigrazione (1 post su 5 è offensivo e/o discriminatorio), minoranze religiose e rom (in entrambi i casi 2 post su 5 sono offensivi e/o discriminatori o hate speech).
Le categorie sociali più spesso prese di mira da politici e utenti riflettono una tendenza molto simile con migranti, rifugiati e persone con background migratorio tra i gruppi più soggetti a discriminazione, seguiti da singoli individui o gruppi impegnati in attività solidaristica o di tipo umanitario, poi da musulmani, donne e rom.
Hanno contributo alla definizione dei campi di valutazione e dell’impostazione dell’analisi qualitativa, inoltre, gli esperti del Tavolo per il contrasto ai discorsi d’odio, spazio di confronto sui discorsi d’odio promosso da Amnesty International Italia a partire da aprile 2018, che mette insieme ricercatori e organizzazioni della società civile impegnati nello studio e/o nel contrasto dell’hate speech online.
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