Per Casale Monferrato vogliamo ecogiustizia in nome del popolo inquinato insieme al completamento delle bonifiche che ancora mancano all’appello e che riguardano i 48 comuni ricadenti nel SIN. Non si può continuare a morire per colpa dell’amianto”. A chiederlo a gran voce sono ACLI, AGESCI, ARCI, Azione Cattolica Italiana, Legambiente e Libera che questa mattina hanno organizzato un flash mob organizzato davanti alla scalinata della Corte d’Appello di Torino all’ingresso del Palazzo di Giustizia di Torino dove si sta svolgendo il giudizio di appello nel processo “Eternit bis”. Con quest’azione collettiva davanti al tribunale, accompagnata dalla lettura simbolica di una sentenza, si è aperta la prima tappa della campagna nazionale “Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato”, promossa dalle 6 associazioni per riportare in primo piano, in Italia, il tema delle bonifiche dei siti inquinati di carattere nazionale e regionale, feriti per anni dai veleni, dove ambiente e salute non sono diritti garantiti. L’obiettivo è quello di richiamare la politica a impegnarsi per questi territori, spesso dimenticati, chiedere la piena applicazione del principio chi inquina paga e avviare dei patti di comunità per la riqualificazione ambientale, sociale ed economica.
Quella di Casale Monferrato è una storia lunga, dolorosa e difficile che però ha costruito consapevolezza e risultati, sia riguardo le bonifiche degli edifici pubblici e dello stabilimento ex Eternit, sia per la realizzazione di una discarica pubblica per l’amianto, unica in Italia. Risultati importanti ottenuti grazie alla tenacia dell’AFEVA (Associazione familiari e vittime amianto) un’associazione che ha saputo coinvolgere nella vertenza amianto tutta la cittadinanza e le istituzioni, che indica una strada anche alle altre situazioni italiane drammaticamente compromesse dal punto di vista ambientale, sanitario e sociale.
Nonostante i risultati le bonifiche non sono terminate e l’amianto ancora miete vittime. Infatti, il mesotelioma è il tumore più legato all’esposizione all’amianto e i suoi sintomi si manifestano in genere solo decenni dopo l’esposizione. Le analisi del rapporto “Sentieri”, realizzato dall’Istituto superiore di Sanità, hanno evidenziato un picco di casi di mesotelioma in prossimità dell’ex azienda produttrice di manufatti di cemento-amianto e in aree secondarie dove veniva utilizzato materiale asbestiforme. A ciò si aggiungono anche gli ultimi dati Eurostat, secondo cui nel 2021 l’Italia ha riportato il maggior numero di decessi per mesotelioma prevenibile (518), seguita da Germania (400) e Francia (329).