ROMA, 23 MARZO 2021 – Stop alla vendita di armi all’Egitto, un forte impegno per avere verità e giustizia per Giulio Regeni, per la liberazione di Patrick Zaki e per dare subito seguito alla dichiarazione del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, sottoscritta anche dall’Italia, con la richiesta di porre fine alla sistematica violazione dei diritti umani nel paese.
Questo l’appello che rivolgiamo al governo italiano per fermare le persecuzioni in Egitto di attivisti, dissidenti pacifici, persone Lgbtq, giornalisti, politici e avvocati.
Un lungo e triste elenco, di cui un cittadino italiano brutalmente assassinato e la detenzione arbitraria di un giovane ricercatore che risiedeva nel nostro paese sono solo la punta dell’iceberg.
Una situazione degenerata da quando al-Sisi è salito al potere nel 2013, con oltre mille morti nelle carceri e oltre 60mila prigionieri politici.
Una repressione della società civile, fatta di minacce, violenze e arresti, aumentata ulteriormente nell’anno della pandemia, a cui si è aggiunta da ultimo la giovane attivista Sanaa Seif, condannata a un anno e mezzo di carcere per aver criticato sui social la gestione dell’emergenza Covid in Egitto e la diffusione del virus nelle prigioni.
Un caso simile a quello di Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna in carcere dal 7 febbraio 2020 con l’accusa di propaganda sovversiva, una detenzione preventiva arbitraria e ingiusta, senza accuse chiare e senza processo.
E come nel caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. Cinque anni segnati da silenzi, depistaggi e mancate risposte da parte del Cairo all’Italia.
Per questo lanciamo il nostro appello al governo per fermare la vendita di armi all’Egitto:
- non è pensabile continuare a rafforzare un regime autoritario fornendogli mezzi militari;
- affinché venga intrapresa ogni azione possibile per fare piena luce su mandanti ed esecutori dell’assassinio di Giulio Regeni e per la liberazione di Patrick Zaki e degli altri prigionieri politici.
Un impegno forte e concreto contro ogni forma di repressione e per sostenere la società civile egiziana, perché alla ‘diplomazia degli affari’ non può essere sacrificata la difesa dei diritti umani conquistati dalle democrazie.