E’ sempre più probabile e imminente quell’attacco militare alla Siria che Trump aveva annunciato come ritorsione al presunto uso da parte del regime di armi chimiche a Douma. Ieri notte Eurocontrol, l’organizzazione europea per la sicurezza dei voli, ha inviato un’allerta alle linee aeree che fanno rotta sul Mediterraneo per “possibili attacchi missilistici sulla Siria”.
Si preannuncia dunque l‘escalation di una guerra che dura ormai da 7 anni, che coinvolge le maggiori potenze mondiali e che rischia ora di deflagrare in un conflitto dagli esiti imprevedibili.
Tutta la regione è ormai una polveriera con guerre annose mai risolte e linee di faglia sempre in frizione: dal conflitto tra Palestina e Israele con la recente escalation a Gaza, a quello tra la Turchia e il popolo curdo con l’ultima tragedia di Afrin; dallo scontro tutto interno al mondo musulmano tra sciiti e sunniti, alla lotta geopolitica di influenza in una delle regioni più ricche di risorse energetiche fossili.
Continuiamo a parlare della guerra in Siria ma è l’intero pianeta che si posiziona per lo scontro. L’unica cosa certa è che, nonostante le ipocrite affermazioni, delle migliaia di vittime civili, dei milioni di siriani costretti a fuggire da un paese ormai distrutto non importa a nessuno dei contendenti. Altri sono gli interessi in gioco. Ma questa volta ‘il gioco’ rischia di sfuggire di mano.
L’Onu, sempre più impotente, dia un segnale di vita prima che sia troppo tardi; l’Ue e i Paesi membri trovino un proprio ruolo diplomatico per evitare una deflagrazione a due passi da casa propria; la società civile si unisca per rimettere al centro delle opzioni possibili la negoziazione, la politica; per ridare alla Pace una chance; per dire “Fermatevi!”.