La giornata mondiale del rifugiato e della rifugiata arriva quest’anno mentre è in corso un attacco al diritto d’asilo senza precedenti.
I dati pubblicati dall’UNHCR dicono che non ci sono mai state così tante persone in fuga, costrette a lasciare le proprie case e in cerca di protezione. Più di 100 milioni di uomini, donne e bambini sono scappati dalle loro case, con la crisi ucraina che rappresenta l’ultima – ma non certo l’unica – guerra che attraversa il nostro pianeta, con il suo carico di morte e violenza.
L’Unione Europea continua ad essere, alla fine del 2021, una delle aree del mondo meno investite dalla presenza di profughi, sfollati e rifugiati. La stragrande maggioranza di coloro che sono obbligati a lasciare le loro case, rimangono nelle immediate vicinanze del luogo d’origine, nella speranza di poter fare presto ritorno a casa.
Nonostante la realtà rappresentata dai numeri a disposizione di tutti, i governi – e non solo quelli delle destre xenofobe e razziste – sono impegnati a impedire con ogni mezzo l’arrivo in Europa di persone in cerca di protezione. L’unica eccezione è stata fatta per i cittadini ucraini, per i quali si è finalmente attivato il meccanismo della protezione temporanea, dopo anni di rifiuti in seno al consiglio europeo.
L’accordo con la Turchia del 2016 ha di fatto chiuso quello che per un lungo tempo ha rappresentato il più grande canale d’accesso all’UE dall’area del medio oriente, anche se, in misura limitata, un certo numero di famiglie continua a tentare la rotta balcanica.
Stesso tentativo è stato fatto nel Mediterraneo, con il Memorandum Italia-Libia che ha bloccato gran parte degli arrivi sulle coste italiane, anche se nell’ultimo anno c’è stata una nuova crescita del numero di persone che arrivano via mare e sono almeno 800 le persone che hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Nel 2021, oltre 2.000.
Il tentativo di impedire l’accesso al territorio e quindi all’asilo attraverso le proposte contenute nel Patto Europeo per l’Immigrazione e l’Asilo, si affianca alle operazioni di respingimento camuffate, come quelle che avvengono sulla rotta balcanica e nel mediterraneo, in violazione di obblighi costituzionali, europei e internazionali.
La crisi tra Bielorussia e Polonia è stata, prima della guerra in Ucraina, l’ultima dimostrazione che l’UE è più preoccupata di fermare i profughi, rispondendo in questo modo alle campagna delle destre xenofobe, che a far rispettare i diritti umani, considerati oramai una sorta di prodotti di lusso.
Esternalizzare le frontiere, respingere e rimpatriare sono diventati i verbi che più ricorrono nei discorsi dei leader politici, con poche eccezioni, nonostante i numeri e la demografia suggerirebbero atteggiamenti diversi.
Nelle prossime settimane l’ARCI, insieme alle altre organizzazioni firmatarie del protocollo sui corridoi umanitari dall’Afghanistan, farà arrivare in Italia circa 100 persone, in prevalenza donne, provenienti dall’Afghanistan. Siamo davvero felici che si stia avvicinando questo importante momento, anche se siamo consapevoli che si tratta di una goccia nel mare e che il governo spesso usa questa iniziativa della società civile come giustificazione per l’assenza di canali d’accesso legali e sicuri e per iniziative ingiustificabili e illegittime come quelli del mediterraneo o alla frontiera con la Slovenia.
Da anni con il nostro Numero verde per richiedenti asilo e rifugiati e con il portale JumaMap, sosteniamo concretamente migliaia di persone che sono arrivate in Italia in cerca di protezione.
A 20 anni dalla l’orrenda legge che ricordiamo come Bossi-Fini, che ha avuto l’unico merito di introdurre il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), la rete d’accoglienza ARCI conta più di 120 progetti SAI con migliaia di posti, decine di Circoli Rifugio, dove ospitiamo persone senza una casa e stiamo ospitando più di mille persone provenienti dall’Ucraina in strutture della nostra rete territoriale o in famiglie collegate all’ARCI.
Il nostro lavoro per promuovere il diritto d’asilo è un lavoro molto concreto che ci consente di tutelare i diritti delle persone a partire da iniziative e attività che rispondono quotidianamente alle esigenze concrete di migliaia di rifugiati e rifugiate.
Proprio a partire dalla nostra esperienza e dal nostro lavoro quotidiano facciamo appello al governo italiano, al parlamento, alle forse democratiche del nostro Paese, affinché si produca una inversione di tendenza nelle politiche sull’asilo e sull’accoglienza, introducendo canali d’accesso legali e sicuri, anche per i richiedenti asilo, e non in misura solo simbolica.
Chiediamo che sia immediatamente congelato il Memorandum con la Libia e che si chiuda ogni finanziamento e sostegno alla cosiddetta guardia costiera libica, anche per dare spazio al processo di pace in quel martoriato Paese.
Chiediamo che in sede europea l’Italia proponga un programma di ricerca e salvataggio comune nel mediterraneo centrale e che si abbandoni la solidarietà finta e strumentale proposta a più riprese nel Patto Europeo Immigrazione e Asilo e anche quello sostenuto dai governi dei Paesi del sud Europa. Ciò che serve è una riforma del Regolamento Dublino secondo il documento approvato dal Parlamento Europeo nella scorsa legislatura.
Non possiamo continuare ad assistere alla progressiva demolizione di uno dei diritti fondamentali per la democrazia, il diritto d’asilo.
Serve una nuova stagione di mobilitazione che obblighi il governo italiano e i governi dell’UE a chiudere la stagione dell’esternalizzazione e a recuperare il terreno perduto nel campo dei diritti e della solidarietà.