All’inizio dell’anno in corso, il Sindaco di Iglesias Emilio Gariazzo ha subito due pesanti intimidazioni. Il 10 gennaio all’ingresso di un edificio del Comune è stata trovata la testa mozzata di un capretto con infilata una cartuccia di fucile e un biglietto di auguri per il Sindaco. Il giorno dopo sono comparse in luoghi pubblici altre minacce contro il primo cittadino. Una goliardata? Una vera minaccia? Dissenso politico per le dichiarazioni sulla contestata fabbrica di armi RVM o sui migranti? Certo è che questi fatti fanno emergere una situazione gravissima. Infatti non si tratta di un caso isolato. Oltre alle minacce al sindaco di Iglesias, c’è stata l’intimidazione al sindaco di Osini, e l’attentato incendiario al dirigente dell’ufficio tecnico di Ittiri. In poco più di sette anni, sono 220 i casi censiti nell’Isola. Negli ultimi tre anni c’è stata una recrudescenza del fenomeno, con il picco nel 2015, quando i casi furono ben 50. Insomma ogni una o due settimane un potere locale, politico o amministrativo, è oggetto di intimidazioni o attentati. Come rispondono le istituzioni a questo stillicidio? Da una parte si chiede allo stato di intervenire e periodicamente i ministri dell’Interno vengono in Sardegna con un elenco di interventi che cadono nel nulla, dall’altra l’Anci Sardegna individua nelle difficoltà socioeconomiche dell’isola le cause di queste forme violente di ‘contestazione’ delle istituzioni.
Queste spiegazioni sono però insufficienti. Moltissimi in Sardegna e altrove soffrono per le condizioni socioeconomiche ma pochissimi alla fine delinquono. C’è un aspetto da non sottovalutare. Noi sardi amiamo rappresentarci come un popolo speciale, ‘altro’ rispetto a quello di altre regioni. Per molti aspetti questo è anche positivo, un misto di arcaicità e modernità che ha prodotto una lingua, sonorità musicali, cinema e letteratura diverse da quelle continentali. Vi è però un portato che dovremmo cacciare dalla nostra cultura: l’estraneità sostanziale di una parte sempre più marginale dal concetto di comunità legale. A una sostanziale, atavica e fino a poco tempo fa giustificata diffidenza si devono aggiungere difetti più recenti. Il 27% di dispersione scolastica fino ai 15 anni, il bassissimo numero di laureati. Per aggredire il fenomeno delle intimidazioni sarebbe necessario ripartire da queste osservazioni. Cancellare dalla nostra cultura e dalle nostre tradizioni visioni distorte della ‘balentìa’, riprendere a studiare, lottare contro l’individualismo tipico delle nostre terre spopolate e i cui centri abitati sono divisi da kilometri, da montagne e spesso da inimicizie secolari. Forse per quel che riguarda questi aspetti, noi dell’Arci non siamo stati capaci di fare tutto il possibile, ma è pur vero che sta anche in queste radici la nostra difficoltà a crescere e ad influenzare positivamente una fetta ampia della società sarda.