di Alma Har’el, USA 2019
«L’unica cosa che mi abbia dato mio padre che avesse un certo valore è il dolore, e lei vuole portarmelo via?»
Honey Boy racconta l’adolescenza di Shia LaBeouf – rappresentato con lo pseudonimo Otis Lort – e del suo difficile rapporto con il padre alcolista e tossico. Nel film si alternano momenti della vita del giovane e dell’adulto Otis, secondo un intreccio narrativo non banale né tantomeno didascalico. Le conseguenze dei drammatici trascorsi fanno da eco traumatica nella vita da adulto del protagonista, fatta di sentimenti difficili, eccessi, fantasmi silenziosi e distorsioni emozionali.
La pellicola – che potremmo definire meta-biopic – è basata su una sceneggiatura originale scritta da LaBeouf ed è diretta da Alma Har’el, regista emergente che condivide con l’attore statunitense un rapporto di fiducia, oltre che parte del proprio percorso artistico (l’attore ha finanziato il suo secondo documentario) e un’infanzia compromessa a causa di un genitore alcolista.
Quello che ne viene fuori è una storia di dipendenza vista dalla prospettiva di un figlio.
Il film ha un carico emotivo importante, consapevolmente cosparso di tristezza, ma non per questo angoscioso.
Una buona dose di primi piani e l’uso incessante e fluido della macchina a mano alimentano un ritmo sostenuto, mentre il copione riesce a strappare più di un sorriso inatteso.
In ogni caso, Alma Her’el infonde nell’intero cast una particolare profondità: ottime le interpretazioni tanto del giovane quanto dell’adulto Otis, così come è degna di nota quella di una poliedrica FKA Twigs. Per non parlare dello stesso LaBeouf, che interviene nel film anche attraverso la cosa che sa fare meglio, con l’ottima interpretazione – secondo alcuni, parte di un percorso terapeutico – del padre, confermando ancora una volta di possedere un talento maturo e cristallino.
Honey Boy ci ricorda di come il dolore possa trasformarsi in una parte essenziale della vita e definire irrimediabilmente la natura psicologica e relazionale di una persona. Per fortuna, ci ricorda anche quanto di straordinario si possa tirar fuori dalla sofferenza.
Altamente consigliato.