Dal 1° gennaio 2025, le attività associative del Terzo Settore potrebbero essere soggette al regime IVA. Una decisione che rischia di compromettere gravemente il ruolo sociale, culturale e politico di questo mondo, pilastro della partecipazione democratica e della solidarietà.
ARCI si oppone fermamente a questa prospettiva e con la campagna “I valori non si tassano” si rivolge alla cittadinanza, al Governo e al Parlamento. L’obiettivo è chiaro: escludere il Terzo Settore dall’ambito IVA nella prossima Legge di Bilancio, riconoscendo le sue peculiarità e modalità operative non economiche.
Sottoporre il Terzo Settore al regime IVA significa trattare le associazioni come imprese commerciali, trasformando il rapporto con sociɜ e comunità in una logica di cliente-fornitore. Questo cambio di paradigma comprometterebbe l’autonomia delle associazioni, aggravandole con oneri burocratici insostenibili, soprattutto per le piccole realtà che operano nelle periferie, nei piccoli centri e nelle aree interne.
Inoltre, l’impatto fiscale sarebbe paradossalmente controproducente: mentre oggi le associazioni non recuperano l’IVA sugli acquisti, in futuro potrebbero detrarla, generando una riduzione delle entrate fiscali complessive.
Le associazioni del Terzo Settore non sono solo entità operative, ma espressione delle “libertà sociali” riconosciute dalla Costituzione. La Corte Costituzionale ha sottolineato nel 2020 il ruolo delle associazioni come luoghi di reciprocità e solidarietà, fondamentali per il tessuto sociale del nostro Paese.
ARCI ribadisce l’importanza di preservare questa visione: il Terzo Settore è uno spazio che unisce partecipazione democratica ed equità sociale, costruendo nuovi modelli di welfare.
Chiediamo al Governo e al Parlamento di agire con responsabilità, tutelando le associazioni attraverso provvedimenti concreti che le escludano dal regime IVA. Difendere il Terzo Settore con atti concreti significa proteggere il cuore pulsante della coesione sociale, della partecipazione democratica e della solidarietà.
Dal 2025, le associazioni non profit rischiano di essere equiparate a imprese commerciali, con gravi oneri burocratici e limitazioni all’autonomia. È urgente ristabilire l’esclusione IVA per difendere il ruolo sociale e costituzionale del Terzo Settore.
Equiparare le associazioni non profit agli operatori commerciali rischia di soffocare il Terzo Settore con adempimenti burocratici insostenibili. È essenziale recuperare l’esclusione dall’IVA per proteggere le piccole realtà che animano le comunità e garantiscono partecipazione libera e autofinanziata.
Equiparare le associazioni non profit alle imprese commerciali penalizza la loro funzione sociale, aumentandone gli oneri burocratici senza vantaggi fiscali per lo Stato. La proposta mira a introdurre un’esclusione IVA per gli enti non commerciali, valorizzando la loro natura mutualistica e non economica.
ARCI chiede di cancellare la norma che equipara il Terzo Settore alle imprese commerciali. Grazie al lavoro svolto, l’applicazione è stata posticipata al 2025, ma ora è fondamentale coinvolgere i territori per reintrodurre l’esclusione IVA e tutelare la funzione sociale delle associazioni.