Ricordo la provocazione con cui il movimento antirazzista chiedeva che non si parlasse più di discriminazioni razziali bensì di discriminazioni razziste. La razza non esiste mentre il razzismo sì.
Un razzismo che ultimamente sta rivendicando tutto il suo appeal populista.
La naturalezza e la superficialità con la quale vengono usate espressioni razziste non può essere spiegata solo con la fisiologica sbracatura pre elettorale. C’è qualcosa di marcio nella capacità di raccogliere consenso attorno a certe espressioni.
Il politicamente corretto è diventato demodé: la gente chiede di ‘parlare come mangi’, si dichiara stanca degli approfondimenti e reputa ipocrita chi si scandalizza davanti a esponenti di partiti politici che si ergono a difesa di falsi valori, non solo disconosciuti dalla Repubblica di cui fanno parte ma combattuti, vinti e respinti grazie alla nostra Costituzione.
Alla mediocrità sta rispondendo l’ignoranza generalizzata.
Eppure, l’Italia è figlia di una coppia mista, appartiene a una famiglia allargata,ha bisnonni nelle Americhe, prozii nell’Europa Continentale, cugini in Nord Africa. Soprattutto l’Italia ha fratelli e sorelle migranti; ha figli e nipoti nati in Italia ma ingiustamente non italiani.
Gli italiani sono di colore: rosa, neri, gialli. Rossi quando si emozionano, verdi quando sono arrabbiati.
Bianchi solo quando stanno male.