È così ritagliato per i nostri recenti giorni il saggio di Geraldine Schwarz I senza memoria. Storia di una famiglia europea (uscito il 30 aprile per Einaudi, pp. 333, € 21), dedicato al ritorno del passato in Europa. Per il 25 aprile, festa della Liberazione, i neofascisti hanno esposto striscioni, hanno animato manifestazioni con il braccio teso, in un revival che da anni non si vedeva tanto diffuso. Nel suo lavoro, che si è conquistato il riconoscimento Libro europeo, l’autrice espone la tesi che sovranismo, razzismo e populismo proliferano nelle nazioni più ‘smemorate’, in quei Paesi che alla fine del secondo conflitto mondiale non si sono impegnati in un serio ripensamento della loro storia. In questa mappa del vuoto mentale e di memoria, che parte dal 1938 e arriva ai nostri giorni, all’Italia, per la Schwarz, tocca in senso letterale la maglia nera. Da noi non si è avviato alcun processo di Norimberga, nemmeno per l’applicazione delle leggi razziali, realizzata anche con il contributo di solerti funzionari italiani durante l’occupazione tedesca. Nell’Europa dei ‘senza memoria’ l’Italia è comunque in buona compagnia. Germania, Austria, Francia sono gli altri paesi in cui la rielaborazione critica della storia è stata carente, in cui hanno avuto la meglio i ‘senza memoria’; difatti, sostiene l’autrice, sono i paesi ad apparire oggi particolarmente esposti al populismo e al sovranismo, a tollerare e fomentare il razzismo, e a propugnare una concezione antidemocratica della vita politica.
Il culto della memoria, insomma, come dimostra la lunga carrellata storica della Schwarz, è oggi il miglior scudo per le nostre democrazie.