Le guerre nel mondo sono in drammatico aumento: 378 i conflitti totali nel 2017, di cui 186 crisi violente e 20 guerre ad alta intensità. Lo scorso anno si è registrato anche il record di spesa per gli armamenti dalla Seconda guerra mondiale. A lanciare l’allarme è il sesto rapporto annuale sui conflitti dimenticati Il peso delle armi, presentato a Roma da Caritas italiana e realizzato in collaborazione con il Miur.
L’analisi conferma che sono in aumento produzione e vendita di tutti i tipi di arma, dalle leggere all’atomica. Un fenomeno che, secondo gli esperti, dipende dal fatto che gli Stati sono ormai convinti che, per vincere le guerre, servano arsenali sempre più ricchi e potenti. Allarmante il fatto che tra i sei Paesi massimi esportatori, cinque siano i membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu. In testa gli Stati Uniti col 34%, seguiti da Russia (22%), Francia (6,7%), Germania (5,8%), Cina (5,7%) e Regno Unito (4,8%). Poi Israele e Spagna con entrambi il 2,9%, quindi l’Italia col 2,5%. Tra i principali importatori invece Arabia Saudita, Emirati Arabi, Australia, Iraq e Pakistan. Paesi che contribuiscono ad alimentare i conflitti in Yemen, Nord Africa e Medio Oriente.
Il report conferma poi con forza un binomio già noto agli studiosi: la povertà è più diffusa nei Paesi in cui si combatte, così come viceversa, laddove sono più drammatici recessione, diseguaglianze e scarso accesso a fonti di reddito risulta altamente più probabile scivolare nei conflitti. Infine, il report si concentra sull’impatto dei cambiamenti climatici su guerre e migrazioni – l’Onu stima in 250 milioni i migranti e in oltre 70 milioni i rifugiati e gli sfollati. Tutti gli indicatori del rapporto Caritas su scala globale legati al degrado ambientale, ai disastri e alla scarsità di accesso alle fonti naturali contribuiscono a spiegare altre dinamiche di guerra, e in particolare in aree come il Sahel, il Golfo del Bengala e parte dell’America Latina.
Sulle guerre nel mondo in Italia è silenzio stampa. Rivelata anche questa tendenza: se il conflitto supera la fase acuta e non coinvolge direttamente il nostro Paese scompare dai media.
L’analisi ha preso in considerazione quattro delle principali crisi in corso: Yemen, Venezuela, Somalia e Ucraina. Altrettante le testate osservate: Corriere della Sera, Repubblica, Avvenire, La Stampa. Nel periodo di tempo esaminato – dal 1° novembre al 31 dicembre 2017 e dal 15 maggio al 15 giugno 2018 – risulta che tutti hanno scritto di Ucraina, solo in tre hanno raccontato del Venezuela, mentre soltanto Avvenire ha trattato della Somalia. Dello Yemen non ha parlato nessuno.
Una fotografia allarmante, che, secondo il rapporto, determina un altro grave elemento: il generale aumento del livello di amnesia della popolazione italiana. Quasi nulla la conoscenza dei conflitti mondiali: solo il 3% ha saputo indicare una guerra in Africa. Fa eccezione la guerra in Siria, ricordata dal 52% del campione.
Se infine sul tema ‘guerra e conflitti’ la televisione resta il principale mezzo di informazione tra gli adulti – il 47% ha confermato tale tendenza – ben il 49% dei giovani tra i 18 e i 29 anni ha detto di fare ricorso ad internet.