«(…) ne ò passato di tutti i colori, di ogni erbe un fascino:
essere felici non è facile, mi sento molto vecchia, ò vissuto sempre in campagna,
là mia vita è stata tanto faticosa; e dura (…)»
Quella di Clelia Marchi, classe 1912, contadina del mantovano, che per poter continuare a scrivere al suo amore perduto utilizza il lenzuolo più bello del suo corredo, è solo una delle tante storie che si possono sfiorare visitando il Piccolo Museo del Diario di Pieve Santo Stefano, ‘Città del diario’.
Il Piccolo Museo del Diario, che dal 2016 è entrato a far parte dell’Associazione nazionale Piccoli Musei e della Rete Valtiberina Musei e Parchi, ha una lunghissima storia che inizia nel 1984 grazie a Saverio Tutino, giornalista esperto di America latina e giovane partigiano durante la lotta di Resistenza. E sicuramente è proprio la ‘resistenza’ che lo ha ispirato nel suo lungo lavoro di ricerca che ha portato alla nascita dell’Archivio Diaristico Nazionale.
In questo piccolo museo resistono le storie personali e resiste la memoria collettiva.
E la Resistenza, nel Piccolo Museo, passa anche attraverso l’esperienza tattile: in un’epoca in cui tutto è immateriale e digitalizzato, si ha la possibilità di aprire dei cassetti, ognuno contenente una storia: sembra quasi di entrare nelle case di chi queste pagine le ha scritte.
Resistere è lo scopo del Piccolo Museo del Diario, poiché attraverso le storie ‘dal basso’ di persone comuni, si racconta la ‘Storia’ d’Italia.
Come scrive Mario Perrotta nel suo libro Il paese dei diari, i diari sono vivi, si cercano e si parlano di notte in un bisbiglio continuo, di nascosto, spostandosi con teleferiche e cavi nella città-diario perfetta.