Coalizione Living Rivers Italia: gli Stati Membri stanno seriamente mancando ai propri impegni
I fiumi europei stanno soffrendo. Nonostante l’Europa sia dotata di una forte normativa sull’acqua, nel suo ultimo report, pubblicato oggi, la Commissione Europea fa un ritratto a tinte fosche sull’applicazione della Direttiva europea Acque (2000/60/CE): gli Stati Membri non sono sulla buona strada per conseguire, entro il 2027, l’obiettivo del “buono stato ecologico”, previsto dalla normativa comunitaria per i fiumi, i laghi, le zone umide, i corsi d’acqua, le acque sotterranee e le acque di transizione e costiere.
Per la Coalizione Living Rivers Italia, formata da 24 associazioni che sostiene la Campagna europea #ProtectWater il report della CE rende evidente come gli Stati Membri stiano seriamente mancando ai propri impegni in attuazione della normativa europea, mettendo così a rischio la disponibilità della risorsa acqua per la natura e per le persone.
Il Quinto Report della Commissione Europea sull’implementazione della Direttiva Acque prende in considerazione i Piani di gestione di Bacino 2015-2021. I Piani di Bacino, previsti dalla Direttiva, sono lo strumento più efficace per il miglioramento dei nostri ecosistemi acquatici e per garantire un uso plurimo sostenibile delle acque dolci europee. Alla luce di quanto emerge dalla valutazione effettuata sui singoli Piani, la Commissione Europea ha definito delle raccomandazioni per gli Stati Membri in cui chiede di migliorare la gestione delle acque e rileva come sia urgente un cambiamento significativo nel modo con cui i Paesi della UE affrontano i principali fattori di pressione sulle acque (come l’inquinamento derivante dall’agricoltura e l’uso eccessivo della risorsa idrica), anche perché questo limita fortemente le funzioni ecologiche del capitale naturale e dei relativi servizi ecosistemici.
“Con solo il 40% dei fiumi, laghi e zone umide europee che possono considerarsi oggi in un ‘buono stato ecologico’, è veramente deludente se non irresponsabile constatare come lo strumento più efficace per tutelare e ripristinare gli ambienti acquatici non sia ancora oggi utilizzato pienamente”, commenta la Coalizione europea Living Rivers, che ha promosso la campagna #ProtectWater. “Aggiungendo al danno la beffa, molti Stati Membri stanno cercando di individuare il modo più facile per depotenziare la Direttiva Quadro Acque, sulla quale è in atto una consultazione pubblica. Più di 300mila cittadini europei hanno dato un segnale sull’importanza della Direttiva aderendo alla Campagna #ProtectWater. Si vorrà dare ascolto ai cittadini europei o si vorrà ignorarli?”.
La Coalizione osserva che in Italia la situazione delle acque dolci è grave e l’inadeguata applicazione della Direttiva è testimoniata dal fatto che solo il 43% dei 7.494 fiumi avrebbero raggiunto un “buono stato ecologico”, come richiesto dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60/CE), mentre il 41% è ben al di sotto dell’obiettivo di qualità e un 16% non è stato nemmeno classificato. Per i 347 laghi del nostro Paese, invece, la situazione è ancora più grave visto che appena il 20% è “in regola” con la normativa europea.
”La Commissione Europea ha avviato procedure istruttorie Eu Pilot per violazione del diritto comunitario nei confronti del nostro Paese, rispettivamente: per l’indiscriminato sfruttamento delle acque a scopo idroelettrico e per la non corretta applicazione della Direttiva Quadro Acque. Purtroppo, anche la biodiversità delle acque dolci è fortemente in crisi in Italia, come testimonia la grave situazione in cui versano le oltre 40 specie di pesci autoctoni, 24 delle quali endemiche, tra cui la Trota marmorata, il Carpione del Garda e il Carpione del Fibreno, mentre il solo Cavedano appare fuori pericolo.” , concludono le associazioni.
La piena attuazione della Direttiva richiede impegno e fondi adeguati, ma un ampio numero di Stati Membri sta continuando ad usare (e ad abusare) dei diversi tipi di deroghe consentite dalla Direttiva. Circa la metà dei corpi idrici (superficiali e sotterranei) sono in esaurimento. E la cosa ancora più preoccupante è che alcuni tipi di deroghe, come quelle che consentono agli Stati membri di fissare standard più bassi o di continuare a realizzare interventi dannosi (come impianti idroelettrici, opere di difesa dalle alluvioni e per la navigazione), sono utilizzate più frequentemente che nel passato, senza alcuna vera giustificazione.
Si aggiunga che il report della CE rileva anche una mancanza di fondi adeguati per attuare le misure che consentono di controllare la stessa attuazione della Direttiva. Quello che emerge chiaramente dalla valutazione della CE, conclude la Coalizione Living Rivers, è che i piani definiti dagli Stati Membri per tutelare e ripristinare gli ecosistemi acquatici risultano essere senza alcuna ambizione e non dimostrano alcuna intenzione di affrontare la terribile condizione in cui versano le acque europee.