Ignacio Lula Da Silva non si potrà ricandidare nelle prossime elezioni presidenziali previste in Brasile ad ottobre.
I tre magistrati del Tribunale federale di Porto Alegre hanno respinto il ricorso di Lula contro la sentenza di primo grado per corruzione passiva e riciclaggio di denaro. E hanno addirittura chiesto una condanna più pesante, dodici anni e un mese. Lula ha ancora la possibilità di ricorrere alla Corte Suprema, mentre i sondaggi elettorali lo danno assolutamente favorito, con il 40% dei consensi.
Il processo si è svolto a porte chiuse, alla presenza solo dell’avvocato difensore di Lula e del giurista che lo rappresenta nel ricorso presso il Comitato dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Solo a grande distanza dal Tribunale sono state autorizzate due manifestazioni contrapposte. Nei giorni scorsi Joao Stedile, il leader dei Sem Terra, che non aveva mai smesso di incalzare Lula sul terreno dei diritti quando era presidente e ora è uno dei leader che si battono in suo favore, aveva ricevuto una intimazione a non recarsi a Porto Alegre. La vicenda, che in altre stagioni e in altri paesi potrebbe rientrare nella sacrosanta ricerca della verità in merito alle commistioni fra potere politico e potere economico, in Brasile ha assunto sin dall’inizio un significato del tutto diverso. Michel Temer è presidente dal 2016, a seguito del discusso impeachment di Dilma Roussef. Anche lui è oggi accusato di corruzione, ma il Parlamento lo ha salvato, votando affinché l’indagine che lo riguarda si svolga a fine mandato.
La sua presidenza è, sin dal suo esordio, una vera e propria resa dei conti neoliberista e conservatrice contro l’era riformatrice del PT, il Partito dei Lavoratori di Lula.
In Brasile si susseguono privatizzazioni selvagge, la riforma del lavoro prevede il ritorno a turni di dodici ore di lavoro invece di otto, la riforma delle pensioni contempla l’innalzamento di nove anni dell’età pensionabile. Una porzione protetta di Amazzonia più grande della Svizzera è stata liberata per lo sfruttamento.
Il 28 aprile le coalizioni anti-governative politiche e sociali, che riuniscono tutta l’opposizione, hanno portato in piazza in tutto il Brasile 38 milioni di persone. Molti sono i giuristi di fama internazionale, fra cui Luigi Ferrajoli, che hanno pubblicamente espresso riserve sulla correttezza del processo Lula.
Ferrajoli evidenza l’assenza di imparzialità e l’inaccettabile protagonismo dei giudici, che si sono più volte e pubblicamente espressi contro l’imputato. E soprattutto critica l’anticipazione del processo di appello, convocato a tempo di record per impedire la candidatura di Lula alle presidenziali.
Il Manifesto Le elezioni senza Lula sono una frode, primo firmatario José ‘Pepe’ Mujica, mitico ex-presidente dell’ Uruguay, è stato sottoscritto da più di 200mila personalità di tutto il mondo.
Anche il prossimo Forum Sociale Mondiale che si svolgerà a Salvador di Bahia dal 13 al 17 marzo prossimo, sarà una occasione di mobilitazione internazionale per la difesa della democrazia in Brasile.