Ora tocca al Consiglio Ue
Il Parlamento Europeo ha fatto il suo dovere democratico. Ha approvato, con la maggioranza dei due terzi richiesta in questo caso, la mozione per avviare un procedimento contro l’Ungheria.
Il governo Orban è dal 12 settembre ufficialmente sotto accusa per le sue politiche contro gli immigrati e le minoranze, contro le associazioni, la magistratura, la stampa indipendente, l’istruzione pubblica.
È la prima volta che il Parlamento usa lo strumento previsto dall’articolo 7 del Trattato di Lisbona per punire gli Stati che non rispettano i valori costitutivi dell’Unione Europea.
La decisione non avrà alcun effetto immediato, e probabilmente non ne avrà nessuno. Il Parlamento infatti ha il potere solo di avviare l’iter, e sarà il Consiglio Europeo, dove siedono tutti i governi d’Europa, a votare se e come andare avanti.
Servirà prima la maggioranza di 4/5 (22 paesi su 27) per mandare un avvertimento formale all’Ungheria affinché cambi politiche in un tempo definito. Se l’Ungheria non si adeguasse, si tornerebbe a votare in Parlamento ma, dopo le prossime elezioni europee, la maggioranza dei due terzi sarà complicata a trovarsi. E comunque poi servirebbe l’unanimità del Consiglio Europeo per le sanzioni più severe – la perdita del diritto di voto nelle istituzioni europee e la sospensione dei finanziamenti UE. La Polonia, che è interessata da un provvedimento analogo, ha già dichiarato che in Consiglio starà dalla parte di Orban. E probabilmente non sarà la sola. Non si sa cosa farà l’Italia, con i 5 Stelle che hanno votato contro l’Ungheria e la Lega che, insieme a Forza Italia, si è schierata con Orban. E non è chiaro cosa succederà nel Partito Popolare Europeo, che nel voto al Parlamento si è spaccato. Con dentro la Merkel e Fidesz, il PPE è il gruppo che più ha sofferto dell’obbligo alla scelta. Molti credono che tornerà ad essere cauto e reticente come prima di questo voto, anche per l’avvicinarsi delle elezioni europee. In ogni caso, il voto del 12 settembre è un segno buono: 448 parlamentari hanno finalmente detto che in Europa c’è un limite oltre cui non si può andare, contro 197 contrari e 48 astenuti.
È la dimostrazione di quanto l’impianto inter-governativo dell’UE, sottraendo potere al Parlamento che è espressione diretta dei cittadini europei, abbia pesato negativamente in questi anni, nei quali è crollata la fiducia popolare nella Unione Europea. Le prossime elezioni nel 2019 purtroppo ci consegneranno, a meno di un miracolo, un Parlamento ben più reazionario. La carenza di democrazia genera perdita di valori democratici, in un circolo vizioso che potrebbe essere rotto solo da un progetto alternativo forte e credibile, che ancora non c’è – e non pare neppure interessare granché, nonostante le prossime cruciali elezioni europee ormai alle porte. Intanto, per quello che è successo nei giorni scorsi, dobbiamo ringraziare qualcuno: Judith Sargentini e l’associazionismo ungherese. Sono la dimostrazione che passione, volontà e intelligenza possono pagare anche nei momenti più difficili.
Della Sargentini abbiamo visto le lacrime dopo il voto, mentre riceveva gli applausi dei suoi colleghi. 44 anni, olandese, figlia di pacifisti, esperta di totalitarismi e democratizzazione, coordinatrice della campagna contro i diamanti insanguinati, eurodeputata dei Verdi, è stata la relatrice del report che ha messo sotto accusa l’Ungheria, e la infaticabile costruttrice del voto contro Orban.
L’associazionismo ungherese unito, senza paura, ha alzato la voce in tutti i modi per chiedere all’Europa un voto di condanna. Ha spostato opinioni, ma soprattutto ha dimostrato che Orban mente, quando accusa il Parlamento Europeo di non rispettare la sovranità del popolo ungherese.
La parte buona di quel popolo ha bisogno di istituzioni che difendano la democrazia dal governo che la sta smantellando. Sono minoranza, attualmente, ma sono loro a stare dalla parte giusta. Li incontreremo a Sabir, e insieme capiremo meglio come proteggerci a vicenda dai reazionari e dagli oscurantisti in Europa.