“Come cittadine russe e femministe, condanniamo questa guerra. Il movimento femminista in Russia lotta per i soggetti più deboli e per lo sviluppo di una società giusta con pari opportunità e prospettive, in cui non ci può essere spazio per la violenza e i conflitti militari. Guerra significa violenza, povertà, sfollamenti forzati, vite spezzate, insicurezza e mancanza di futuro. Tutto ciò è inconciliabile con i valori e gli obiettivi essenziali del movimento femminista. La guerra intensifica la disuguaglianza di genere e mette un freno per molti anni alle conquiste per i diritti umani”.
Sono le parole contenute in un documento diffuso nei giorni scorsi dal movimento femminista russo che si appella a tutta la galassia femminista globale per protestare contro la guerra e contro l’invasione dell’Ucraina. Lo abbiamo fatto sabato scorso, quando siamo scese in piazza a Roma per fermare una guerra che per l’ennesima volta colpirà i civili, dividendo le famiglie (le madri e i bambini in fuga, gli uomini a imbracciare le armi), producendo morte, povertà e devastazione. Lo faremo in questo otto marzo, Giornata internazionale della Donna, chiedendo la pace per tutt3, come recita lo slogan che abbiamo scelto per accompagnare l’illustrazione realizzata da Eliana Albertini per Arci.
Ma come possono le donne lottare per la libertà senza armi da fuoco? Si domandava Virginia Woolf nel saggio “Pensieri di pace durante un’incursione aerea”, scritto nel 1940 sotto i bombardamenti tedeschi. “Possiamo fabbricare idee” – è la risposta – “Ma perché le idee siano efficaci, dobbiamo essere in grado di spararle. Dobbiamo metterle in atto”.
Come la donna del disegno, portiamo con i nostri corpi, le nostre idee e le nostre voci, la responsabilità di questo otto marzo in tempi di guerra. Apriamo spazi di confronto e discussione per mobilitarci contro la violenza del potere patriarcale di cui la guerra è espressione diretta, come ci ricorda Virginia Woolf.
Portiamo avanti la rivoluzione della cura: prendersi cura del mondo in cui viviamo, lottare contro la politica cieca dei confini, contro ogni forma di discriminazione e disuguaglianza è l’unica condizione per costruire un futuro di pace.