La nave Mare Jonio di Mediterranea ha soccorso 49 persone a 40 miglia dalle coste libiche il 18 marzo scorso, poi aveva fatto rotta su Lampedusa a causa delle condizioni meteo. La nave aveva ricevuto il divieto (mai formalizzato) di avvicinarsi alle coste italiane, ma il capitano Pietro Marrone si era rifiutato: «Abbiamo persone da mettere in sicurezza, non fermiamo i motori». Poi alle 19.30 del 19 marzo i migranti erano stati fatti sbarcare a Lampedusa e da lì è cronaca.
L’inchiesta giornalistica che viene pubblicata oggi (18 aprile) in contemporanea da alcune testate internazionali e per l’Italia Avvenire e Repubblica svela anomalie e irregolarità che a nostro parere sono molto gravi.
«Ma in questi casi non c’è una procedura?», domanda sbigottito un ufficiale italiano a un collega delle Capitanerie di porto. «No – risponde l’altro – è una decisione politica del ministro, stiamo ancora aspettando le direttive». Intanto, però, senza ordini formali la nave Mare Jonio subisce un tentativo di blocco. Poche ore prima, sulle linee telefoniche Roma-Tripoli, si era consumato l’ennesimo riservatissimo scaricabarile a danno dei migranti.
Non sappiamo se quanto sentito in audio – consiglio di sentirlo sui siti web dei quotidiani – avrà conseguenze politiche o giudiziarie.
Di sicuro emergono contorni inquietanti di quanto è accaduto, tutto in funzione di proseguire con la criminalizzazione di chi si impegna nel lavoro umanitario. Di quanta tracotanza e spregiudicatezza politica viene esercitata solo e unicamente ad uso della propaganda di governo dominante.
Chiediamo piuttosto una presa di responsabilità umanitaria, corale, senza tentennamenti, una volta tanto esemplare e condivisa dall’Europa.
Non ne possiamo più di cinici tweet senz’anima e senza cuore, tutti con la presunzione di fare il bene del Paese. Compiere forzature procedurali, quanto è emerso nell’inchiesta giornalistica, non è il bene del Paese. Di un partito politico sì.