La manifestazione SìTav del 10 novembre, promossa dalle 7 ‘madamine’ con sul palco (unico politico) Mino Giachino di Forza Italia, dopo una campagna mediatica serratissima, ha avuto una vasta adesione di partiti politici (dal PD a Fratelli d’Italia e Forza Nuova) e una discreta partecipazione, circa 30mila persone, gli stessi numeri della prima manifestazione NoTav a Torino nel 2005 (con sul palco Beni, Della Seta, Dario Fo, Marco Paolini e Beppe Grillo nella sua vita precedente).
Il significato politico di questa mobilitazione – per la quale è stato utilizzato come riferimento storico la Marcia dei 40mila (particolarmente evocativo per il movimento operaio), con l’adesione di Confindustria e buona parte delle organizzazioni datoriali -, va al di là delle dichiarazioni: è il segnale che quel mondo ha abbandonato la Sindaca Appendino (dopo averne favorito il successo). Inoltre, alla vigilia delle elezioni regionali piemontesi, si sceglie per attaccarla proprio un tema che divide le forze di Governo (con la Lega in piazza per il Sì), divide il Centrosinistra (Chiamparino rompe con la sinistra), e rinsalda il Centrodestra intorno alla candidatura di Alberto Cirio (Forza Italia).
Il tunnel sembra più un pretesto, incalzate dai giornalisti le portavoci della ‘controrivoluzione arancione’ dichiarano: «Non siamo tecnici, non conosciamo le problematiche che riguardano la Tav, ci fidiamo di quello che hanno detto i governi precedenti».
Eppure da quasi 30 anni il diffuso movimento di opposizione alla seconda linea ferroviaria Torino-Lyon chiede un confronto tecnico che non escluda la cosiddetta ‘opzione zero’, le motivazioni contro la realizzazione del tunnel sono sostenute dalle opinioni di autorevoli studiosi, tecnici ed esperti. Presidi, manifestazioni, studi e documentazioni, hanno avuto come sola risposta tangibile la militarizzazione del territorio e la criminalizzazione del dissenso, pratiche censurate nel 2015 dal Tribunale Permanente dei Popoli.
Nel contempo non si realizzano, per mancanza di risorse, tantissimi interventi con un impatto sociale, ambientale ed occupazionale positivo: messa in sicurezza del territorio; ricostruzione in tempi certi dopo le calamità naturali; edilizia scolastica (solo il 14,2% delle scuole è antisismico), sanità pubblica, gestione dei rifiuti (l’UE ha fatto partire la causa d’infrazione per 41 discariche fuori norma).
La città di Torino è in cima alla classifica nel rapporto automobili/abitanti, vive una situazione particolarmente critica per lo smog, e per ‘risolvere’ il problema inquinamento si propone di scavare in Valsusa un tunnel di 57 km!
Il tunnel di base non è affatto indispensabile: non diminuirà il traffico pesante (in nessun documento è previsto il blocco dei tir); non ridurrà i tempi di percorrenza (gli interventi sul nodo di Torino e sulla linea storica sono rinviati); e non interviene sui problemi del traffico ferroviario dei pendolari.
Per tutte queste ragioni Arci Piemonte ha deciso di confermare l’impegno dell’Associazione scendendo in piazza il prossimo 8 dicembre a Torino, per dire «Un no, e tanti sì».