Analisi critica del sostegno finanziario dell'UE per il controllo delle frontiere in Tunisia e in Libia. Di Estela Casajuana e Giorgia Jana Pintus
Negli ultimi anni, l’Unione europea (UE) e i suoi Stati membri hanno intensificato i loro sforzi per impedire a donne e uomini migranti e richiedenti asilo di raggiungere i loro confini. Una strategia per raggiungere questo obiettivo consiste nel finanziare programmi per le guardie costiere e la polizia di frontiera di Paesi terzi, come avviene attualmente in Libia e in Tunisia.
Questi programmi, finanziati da EUTF for Africa e NDICI-Global Europe, stanziano fondi per la formazione e l’equipaggiamento delle autorità, compresa la consegna e la manutenzione dei mezzi. ONG, attivisti e organizzazioni internazionali hanno raccolto prove sostanziali che dimostrano l’implicazione delle autorità libiche e tunisine in gravi violazioni dei diritti umani, con atti in Libia che possono configurare crimini contro l’umanità e evidenti violazioni dei diritti umani.
Le ONG di ricerca e soccorso hanno documentato casi in cui funzionari tunisini e libici, utilizzando imbarcazioni finanziate dall’Italia e dall’UE, hanno adottato comportamenti violenti nei confronti di persone in pericolo, soprattutto durante le operazioni di intercettazione in mare, che fanno parte delle attività specifiche previste dai programmi.
Questo studio intende rispondere alle seguenti domande:
- Qual è lo stato dei finanziamenti dell’UE per i programmi volti ad aumentare le capacità di controllo delle frontiere in Libia e in Tunisia?
- Qual è l’impatto di queste iniziative sui diritti umani?
- Qual è il quadro di riferimento per la conformità in materia di diritti umani?
- Come funzionano i processi decisionali dell’NDICI-Global Europe?