Sarebbero certamente facili, e forse di maggiore impatto mediatico momentaneo, proposte radicali, come ad esempio la abrogazione dell’intero Titolo V, e il ritorno al testo originario della Costituzione del 1948. Ma non si può realisticamente pensare di cancellare venti anni di applicazione del Titolo V, che hanno cambiato in profondità gli assetti politici e istituzionali, oltre che modellato gli apparati pubblici centrali e periferici. Una proposta in tal senso sarebbe di bandiera per alcuni, ma non avrebbe concrete possibilità di essere assunta nei processi politici e nelle sedi istituzionali.
Quello che si può realisticamente fare è individuare i punti di maggiore sofferenza e pericolo per l’unità della Repubblica evidenziati già nel dibattito sul regionalismo differenziato, e poi successivamente nell’esperienza della lotta alla pandemia. Una riforma chirurgica, orientata a correggere errori manifesti, ed a prevenire danni ulteriori.