ROMA, 10 DICEMBRE 2022 – Nella giornata per i diritti umani trova conferma sulla stampa la riattivazione da parte del Ministero dell’Interno dei cd. “respingimenti informali” in Slovenia, che dei diritti umani costituiscono una gravissima violazione.
Sulla base di un accordo bilaterale con la Slovenia sottoscritto il 3 settembre 1996, mai ratificato dal Parlamento, le procedure informali di riammissione in Slovenia sono state applicate nel corso del 2019 e del 2020 nei confronti dei migranti rintracciati a ridosso della linea confinaria italo-slovena, quando risultava la provenienza dal territorio sloveno, anche qualora fosse manifestata l’intenzione di richiedere protezione internazionale. L’esecuzione di tale tipologia di riammissione non comportava la redazione di un provvedimento formale, applicandosi per prassi consolidata le procedure previste dal relativo accordo di riammissione.
A seguito di un provvedimento del Tribunale di Roma che aveva dichiarato l’illegittimità di tale prassi (non smentito in sede di reclamo sul piano del suo inquadramento giuridico) le riammissioni a gennaio 2021 erano state sospese.
Si tratta di una prassi giuridicamente illegittima da molteplici punti di vista, posto che un accordo bilaterale non ratificato dal Parlamento non può prevedere modifiche o derogare alle leggi vigenti in Italia o alle norme dell’Unione Europea o derivanti da fonti di diritto internazionale (cfr. art 80 della Costituzione Italiana), che impedisce l’esame individuale delle singole posizioni in violazione dell’obbligo previsto dall’art 19 della Carta del Diritti Fondamentali dell’Unione Europea che vieta le espulsioni collettive in funzione dell’effettivo rispetto dell’art 3 della CEDU e dell’art 4 della CDFUE e del carattere assoluto del divieto di trattamenti inumani e degradanti (art 15 CEDU).
Le riammissioni informali ledono il diritto fondamentale degli stranieri di accedere alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale in violazione dell’art 6 della direttiva 2013/31/UE (direttiva procedure), che obbliga gli stati membri a garantite un accesso effettivo alla procedura di esame e di riconoscimento della protezione internazionale e violano gli artt. 2 e 3, L. n. 241/90 in quanto il riaccompagnamento, incidendo sulla sfera giuridica dei soggetti interessati, deve essere disposto con provvedimento amministrativo motivato, notificato al soggetto interessato e impugnabile innanzi all’autorità giudiziaria.
Inoltre sostanziandosi in un respingimento o riaccompagnamento alla frontiera si tratta di provvedimento restrittivo della libertà personale per il quale è necessaria la preventiva convalida dell’autorità giudiziaria in attuazione dell’art. 13 della Costituzione come già previsto in generale per gli stranieri dagli artt 10 comma 2 bis e 13 comma 5 bis del D.lvo n. 286/1998.
Tutte le più autorevoli fonti danno conto delle sorti dei migranti “riammessi” in Slovenia, sottoposti di fatto a un respingimento a catena fino in Bosnia ed Erzegovina. Il Governo italiano sa bene che le “riammissioni informali” espongono i migranti, anche i richiedenti asilo, a trattamenti inumani e degradanti e impediscono l’accesso alle procedure di asilo a migranti che si trovano nel territorio dell’Unione, per la maggioranza provenienti da zone di guerra come l’Afghanistan, la Siria, o le regioni ex FATA del Pakistan. Sono note le carenze nelle procedure di asilo in Slovenia e Croazia e i trattamenti inflitti ai migranti dalla polizia croata al confine con la Bosnia ed Erzegovina come denunciato anche nel recente Black Book of Pushback (https://www.borderviolence.eu/launch-event-for-the-black-book-of-pushbacks-expanded-and-updated-edition/) ed è nota la vera e propria crisi umanitaria vissuta dai migranti bloccati in Bosnia, denunciata anche dalla Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović.
Chiediamo sl governo di porre fine a questa prassi illegittima e di rispettare la legislazione italiana e le convenzioni internazionali sul diritto di asilo.