Ci lascia sconcertati la scelta del governo di costituirsi dinanzi alla Consulta a difesa dell’art. 580 del codice penale su cui la Corte d’Assise di Milano, durante il processo a Marco Cappato, ha sollevato eccezione di costituzionalità. Molte voci autorevoli parlano di una scelta tecnica, un atto dovuto a difesa della norma vigente e in particolare di quella parte che punisce l’istigazione al suicidio. Non può tuttavia sfuggire la particolare collocazione temporale che rende la scelta del governo un atto politico: un governo ormai in carica solo per l’ordinaria amministrazione, che si costituisce nell’ultimo giorno utile su una materia così delicata, trascurando invece di pronunciarsi su altri temi caldi. Emerge ancora una volta la volontà di lasciare inevaso il vero punto della questione, che è il tema del fine vita, dell’eutanasia legale, del suicidio assistito che non ha trovato spazio nel dibattito politico tranne che per deplorevoli tentativi di confondere le acque in occasione della discussione sulla legge sul testamento biologico.
Abbiamo chiesto alcuni spunti di riflessione a Giorgio Sansi, presidente di Iniziativa Laica, l’associazione che da dieci anni organizza Le Giornate della Laicità.
Quale interpretazione possiamo dare e quali conseguenze potrebbero derivare dalla decisione del governo – presa nell’ultimo giorno utile – di costituirsi parte civile per la difesa dell’articolo 580 del codice penale, scritto in epoca fascista?
Articolo che punisce con reclusione fino a dodici anni “chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione» e che la Corte di Milano ha rinviato alla Consulta per un parere di costituzionalità.
Sulla base di considerazioni fatte in occasione dell’approvazione della legge sul biotestamento, non possiamo che esprimere alcune perplessità e preoccupazioni:
• a favore della costituzionalità dell’art 580 e per la permanenza del reato si sono espresse associazioni pro-life come il Movimento per la vita (impossibile non ricordare la penosa vicenda di Eluana Englaro);
• si continua scientemente a fare confusione tra istigazione al suicidio e aiuto a chi, gravemente malato, esprime la ferma volontà di porre fine alle proprie sofferenze considerando ormai intollerabile la vita;
• finalmente, buoni ultimi in Europa, abbiamo una legge sul fine vita (‘Dichiarazioni anticipate di trattamento’) che, con alcune contraddizioni, si ispira ai principi di libertà e autodeterminazione riconosciuti dalla nostra Costituzione e dalla Convenzione europea dei diritti umani (principi sempre ostacolati non solo dalle associazioni pro-life, ma dalla gerarchia e dalla cultura cattolica);
• nella stessa legge, non solo è prevista l’obiezione di coscienza dei medici (come avviene contro il diritto delle donne di scegliere se abortire), ma la ministra Lorenzin, subito dopo l’approvazione, ha dichiarato che intendeva ampliare la possibilità di obiezione anche alle strutture sanitarie ‘cattoliche’ (ipotesi esclusa dalla legge stessa).
È in base a tali considerazioni e al grande mutamento politico conseguente alle recenti elezioni che non possiamo non esprimere perplessità e preoccupazioni.