Si è svolto giovedì 19 luglio presso il Senato un incontro a cura d Banca Popolare Etica per presentare la ricerca dal titolo ‘Il 5 per 1000 e lo sviluppo del non profit in Italia’ che ha rielaborato alcuni dati sull’andamento della raccolta dell’anno 2016 nel quadro di un’analisi comparata sul decennio 2006-2016. Durante l’incontro, è stata illustrata la ricerca dalla curatrice Samanta Bernardini e sono intervenuti Gabriele Eminente, direttore di Medici Senza Frontiere Italia; Gianni Rufini, direttore di Amnesty International Italia; Sergio Pierantoni, responsabile del servizio amministrativo di Caritas Italiana; Alessandro Lombardi, Direttore Generale Terzo Settore del Ministero Lavoro e Politiche Sociali; Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse Credito Cooperativo e il senatore Steni di Piazza.
Il primo dato che emerge è come il 2016 sia contrassegnato dal segno più: più preferenze espresse dai contribuenti; più enti ammessi a ricevere le donazioni; donazione media più alta; più dichiarazioni e quindi più Irpef nelle casse dello Stato grazie all’inizio della ripresa dell’economia.
Sono stati 14 milioni i contribuenti che nel 2016 hanno destinato a un ente del terzo settore il 5×1000 del proprio Irpef (131.000 in più dell’anno prima, circa il 25% della popolazione); 57.000 gli enti ammessi a raccogliere le donazioni dei contribuenti (2.000 in più del 2015) e donazione media pari a 35 euro (2 euro in più del 2015). Si passa al segno meno invece quando si indaga sull’attribuzione media per singolo ente: la grande crescita numerica di enti ammessi alla raccolta è stata molto superiore al numero di contribuenti generando così una contrazione dell’importo medio che passa da 11.000 a 9.000 euro, pari a circa il 19 %.
Nei 10 anni presi in esame dalla ricerca (2006 – 2016) la raccolta del 5×1000 ha totalizzato 4,2 miliardi di euro di cui 60% è andato ad enti con sede in Lombardia e Lazio; un ulteriore 20% è andato ad Emilia Romagna/Piemonte/Veneto/Liguria e il rimanente 20% a tutte le altre regioni. Questa fotografia però va completata da un crescente dinamismo in particolare di Puglia, Sicilia, Calabria che negli ultimi 5 anni registrano aumenti percentualmente rilevanti.
La raccolta 2016, pari a 491 milioni di euro e quindi vicina al tetto di 500 milioni previsto dalla legge che, stabilizzando il 5×1000, ne fissò il tetto, registra una fortissima polarizzazione: pochissimi enti – 121 su 57.000 – raccolgono il 48% dell’intero ammontare.
La ricerca medica e scientifica rappresenta il settore che più attira le preferenze degli italiani: nel decennio 2006-2016 il 36% delle risorse sono andate a favore di tali fondazioni. Le associazioni sportive dilettantistiche riescono a raccogliere in media 2.000 euro; le altre associazioni 9.200 e le fondazioni per la ricerca sanitaria 1,5 milioni di euro.
Si tratta di numeri che confermano come il 5×1000 rappresenti un’importante opportunità di crescita per il terzo settore che potrebbe essere potenziata dal DPCM allo studio che dovrebbe individuare, tra l’altro, la soglia minima sotto la quale azzerare l’attribuzione e rivedere i criteri di riparto delle scelte non espresse. Un’opportunità su cui si è più volte dibattuto nell’Arci per capire come intercettare maggiormente il sostegno di dirigenti, soci e socie, simpatizzanti.
Il 2016 è stato per Arci l’anno del restyling della strategia di raccolta del 5×1000 con una campagna di coinvolgimento del territorio associativo. Il nostro slogan fu “Non possiamo stare fermi” e furono individuate alcune esperienze associative come testimonials del valore della nostra associazione nel Paese. Una campagna sviluppata prevalentemente all’interno dell’associazione quindi, puntando al coinvolgimento dei dirigenti e soci Arci attraverso strumenti sia tradizionali sia innovativi, con uno sforzo inedito di presenza su testate web su tutto il territorio nazionale.
Il restyling e l’impegno comunicativo profuso ha veicolato l’opportunità di destinare sia il 5×1000 sia il 2×1000 per la cultura che fu straordinariamente previsto per il solo 2016.
I risultati della raccolta dell’Arci presentano ombre e luci, offrendo all’associazione elementi per una valutazione che non sia fine a se stessa ma con lo sguardo alla strategia per il futuro.
Il dato positivo complessivo – di cui si dà conto in anteprima su Arcireport – è che accorpando i dati della raccolta del 5 e del 2 per mille si può considerare perfettamente centrato l’obiettivo di raddoppiare i donatori e la raccolta che l’associazione si era prefissa. Purtroppo infatti, la tardiva comunicazione dei risultati del 2×1000 non ha permesso al Consiglio nazionale riunito lo scorso maggio per l’approvazione del bilancio 2017 di prendere atto dei risultati della raccolta nel suo insieme. Integrando le informazioni dunque, Arci passa dai 1.857 donatori/trici del 2015 ai 3.406 del 2016 e da 54.244,35 euro di raccolta nel 2015 a 127.538,03 euro nel 2016.
Dicevo sopra di ombre e luci. Ne consegno tre al dibattito per mezzo di Arcireport che certamente dovranno essere socializzate e rielaborate nelle sedi preposte per la definizione di obiettivi per il mandato 2018-2022.
Il primo e principale dato riguarda la non adeguatezza del profilo di un’associazione importante come l’Arci rispetto al numero di donatori/trici. Per un’associazione con circa 4.500 circoli e 120 Comitati il numero di sostenitori attraverso le scelte fiscali rimane drammaticamente basso.
La seconda riguarda la dimensione di inespugnabilità del 5×1000 per Arci: la raccolta del 2016 registra 1837 donatori per 55.003,63 euro. Sono dati sostanzialmente identici a quelli del 2015 (54.244,35 per 1857 donatori) che non premiano il lavoro dispiegato dalla Direzione nazionale e dai territori che hanno collaborato alla campagna. La sola nota positiva che possiamo evidenziare a riguardo della raccolta 2016 sta proprio nella stabilizzazione dell’importo che è in controtendenza rispetto alla flessione del 20% della raccolta media di cui si diceva sopra. Molto più interessante, e degna di ulteriori approfondimenti, invece è stata la risposta alla raccolta del 2×1000 (72.534,40 euro per 3406 donatori) come a segnare una maggiore riconoscibilità della dimensione culturale dell’associazione.