Il 17 gennaio a Rio De Janeiro, lungo la spiaggia di Copacabana, sacerdoti e leader religiosi delle religioni afro-brasiliane sono scesi in piazza con le loro vesti e i canti tradizionali contro il razzismo e l’intolleranza religiosa.
La decima marcia in difesa della libertà religiosa è avvenuta mentre si intensificano in Brasile gli attacchi contro i luoghi dove i culti, conservati e rielaborati dagli schiavi, sono praticati.
Il Dipartimento per i Diritti Umani di Rio de Janeiro dichiara che in un solo mese ci sono state almeno trentadue segnalazioni di intolleranza ed invasione dei Terreiros (i luoghi dove i riti sono celebrati).
In un video girato durante una delle aggressioni, un presunto trafficante di droga minaccia il sacerdote di Candomblè – una delle religioni più diffuse – a indossare una maglietta con l’immagine di Gesù e a mangiare le collane di semi dedicate alle semi-divinità Orishas. In un altro video, a un leader religioso viene imposto di rompere il tempio e di distruggere gli oggetti religiosi. In altri casi, sono stati usati i bulldozer.
Durante la marcia di Copacabana, i sacerdoti hanno accusato le autorità per la crescita dell’odio religioso. «Le indagini devono andare alla fonte e lo Stato deve arrivare ai responsabili. Il suo silenzio è colpevole, perché favorisce il diffondersi della intolleranza».
Le religioni afro-brasiliane hanno sofferto di una lunga storia di persecuzione, in Brasile. Nel 1800 gli schiavi erano obbligati a convertirsi, e chi praticava queste religioni poteva essere condannato a morte.
Nel 1940 vennero dichiarate ‘nemiche del cattolicesimo’, e fino agli anni Sessanta perseguitate per legge. Fino al 1976 a Bahia i sacerdoti erano obbligati a figurare in un registro di polizia. Solo la Costituzione del 1988 sancì «il pari trattamento di tutti gli esseri umani, a prescindere dal credo religioso».
La situazione negli ultimi anni si è di nuovo fatta molto difficile, soprattutto a causa delle chiese evangeliche pentacostali, che si sono insediate dappertutto con una crescita esponenziale, in particolare nelle favelas, sono assai presenti nella comunicazione e nei media, e hanno anche dato l’arrembaggio al potere politico.
L’integralismo pentecostale considera le religioni afro-brasiliane come un vero e proprio nemico, e la loro propaganda alimenta la violenza, anche perché sono molti i trafficanti-boss delle favelas che si sono convertiti alla religione pentecostale.
I dati sono preoccupanti, e le forze dell’ordine sono le prime a dichiarare i loro dati non completi, poiché molte vittime non osano denunciare.
Nella manifestazione si sono levate gravi accuse di discriminazione e razzismo al sindaco di Rio Marcelo Crivella, un ex-vescovo evangelico ultraconservatore e omofono – che peraltro nei giorni scorsi ha dimezzato i fondi per le scuole di samba su cui si fonda il Carnevale, perché peccaminose.
La Chiesa cattolica si è schierata con le religioni afro-brasiliane, oltre che tutto il fronte democratico e la CUT, il grande sindacato brasiliano.